Covid e animali domestici, registrato il primo caso in Italia
Sul fatto che gli animali domestici potessero veicolare o meno il coronavirus, la comunità scientifica si era già interrogata in passato. Adesso, la questione è tornata alle cronache dopo che, per la prima volta in Italia, è stata verificata la positività di un cane al coronavirus. Ciò, però, non deve assolutamente destare preoccupazione. Sebbene si possa pensare il contrario, non solo i nostri animali domestici non sono in grado di trasmetterci il Covid, ma dovremmo essere noi a proteggerli. Ad affermarlo è Nicola Decaro, professore ordinario di malattie infettive degli animali all’Università di Bari, ovvero proprio colui che ha rilevato tracce del virus in una barboncina di un anno e mezzo:
Carica virale molto bassa. Gli animali non sono un pericolo per la nostra salute, al contrario bisogna proteggerli.
Spiega Decaro a La Repubblica.
La barboncina vive con una famiglia di 4 persone, tutte positive e sintomatiche, a Bitonto, in provincia di Bari, e non ha mostrato sintomi.
Decaro ha studiato a lungo la possibilità di infezione in cani e gatti. Già in passato, infatti, si era imbattuto in una serie di test sierologici positivi, in animali che quindi erano stati in contatto con il coronavirus in passato e che avevano sviluppato gli anticorpi. Al centro della ricerca sono proprio gli animali domestici che vivono con persone positive al Covid.
Relazione tra Covid-19 e animali domestici, cosa dice l’ISS?
Partiamo dal fatto che casi del genere sono molto rari. Al mondo si contano soltanto una ventina di casi: secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, al 2 aprile 2020 erano stati documentati solamente 4 casi in tutto il mondo di Covid negli animali domestici (due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio), a fronte di 800 mila casi nell’uomo. In tutti i casi riportati, l’infezione è avvenuto dal proprietario all’animale, non il viceversa.
L’altro aspetto fondamentale da sottolineare e ripetere è che: “Non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio interumano la via principale di trasmissione”, utilizzando le parole riportate da EpiCentro, il portale di epidemiologia dell’ISS.
Alcuni studi sperimentali in laboratorio, però, hanno dimostrato una certa suscettibilità al virus nei gatti, nei furetti e, in misura minore, nei cani. Ciò significa che, in rarissimi casi, potrebbero manifestarsi dei sintomi (pur continuando a non rappresentare un pericolo per la nostra salute); da qui l’importanza di proteggerli, il ché non implica però l’allontanamento o l’isolamento.
Un aiuto nella diagnosi
Gli animali domestici, in particolare i cani, possono addirittura giocare un ruolo importante nel supportare la diagnosi di Covid negli esseri umani (grazie anche alla loro minore suscettibilità al coronavirus). L’addestramento dei cani per la diagnosi di varie malattie non è una novità. Grazie al loro olfatto, infatti, riescono a rilevare, ad esempio, varie tipologie di tumore o patologie come la malaria. Dobbiamo però evidenziare che, come riporta l’AIRC, non c’è tutt’ora una dimostrazione che i cani possano essere utilizzati come vero e proprio “strumento” di diagnosi, piuttosto possono fornire un’indicazione che dovrà comunque poi essere validata dai metodi tradizionali.