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Cybersquatting e typosquatting: la tutela del nome a dominio

La presenza online di ogni impresa passa attraverso la registrazione di un nome a dominio efficace e la sua tutela

La presenza online di ogni impresa passa attraverso la registrazione di un nome a dominio efficace e la sua tutela.

La presenza online costituisce, oggi, una risorsa di straordinaria importanza per ogni impresa o professionista. Elemento fondamentale e punto di partenza per una buona presenza online è la registrazione di un nome a dominio facilmente memorizzabile e il più possibile corrispondente al proprio marchio. Il sistema dei nomi a dominio (Domain Name System, DNS) è utilizzato per la risoluzione di nomi degli host in indirizzi IP e viceversa. Un nome a dominio è costituito da un determinato numero di caratteri seguito da un’estensione. L’estensione indica la corrispondenza al registro nel quale viene iscritto il nome a dominio.

Esistono tre tipi di registri, ognuno con proprie regole di registrazione: nazionali (es: .it, .de, .uk), regionali (es: .asia, .eu, .usa), generici (es: .com, .org, .info). Una volta effettuata la registrazione di un nome a domino è possibile effettuarne la cessione. Questa eventualità ha dato adito alla pratica del c.d. cybersquatting.

Con il termine cybersquatting si indica la pratica di pirateria informatica, anche detta di domain squatting o domani grabbing, di chi registra abusivamente un dominio internet corrispondente a marchi commerciali o personaggi famosi al fine di lucrare sulla cessione ai soggetti interessati o al fine di indirizzare gli internauti verso il dominio abusivamente creato. Le tutele esperibili avverso tale pratica sono tre: quella riconducibile al principio del “first come, first served”, l’”uniform domain name dispute resolution policy” (UDRP) e la tutela dei marchi e dei segni distintivi.

First come, first served

Inizialmente l’unico principio applicabile in materia di registrazione dei nomi a dominio era quello del “first come, first served”. Tale principio, com’è intuibile dal nome, prevede che il legittimo titolare del nome a dominio sia colui che lo ha registrato per primo. Si tratta, quindi, di un criterio meramente cronologico che, è evidente, non garantisce alcuna tutela per il marchio eventualmente colpito dalla pratica di cybersquatting.

l’UDRP

A seguito della totale inerzia dei governi nazionali in materia è intervenuta una organizzazione privata: la Internet Corporation for Assigned Names and Number (ICAAN). L’ICAAN, che oggi collabora con molti enti di registrazione, ha emanato nel 1999 il documento UDRP che mira a tracciare un metodo unico di risoluzione delle controversie inerenti i nomi a dominio. Tale sistema è stato, poi, adottato anche da molte autorità nazionali tra cui figura anche quella italiana. Per poter usufruire della tutela approntata dall’ICAAN è necessaria la presenza di alcuni requisiti:

  • Il nome a dominio contestato deve essere identico o simile al marchio altrui;
  • Il titolare del dominio non deve aver alcun legittimo interesse sul segno;
  • La registrazione e l’uso del dominio devono avvenire in malafede.

In presenza di questi requisiti il titolare può attivare la procedura di cui all’URDP. Il vantaggio di tale procedura, che culmina con la restituzione o la cancellazione del nome a dominio contestato, sta nei tempi e nei costi ridotti.

La tutela di marchi e segni distintivi

La giurisprudenza italiana ha fatto ricorso alla tutela di marchi e segni distintivi. Il principio di base prevede che chi ha registrato un marchio ha diritto di servirsene in modo esclusivo anche online tramite la registrazione del relativo nome a dominio. Dunque, il titolare di un nome a domino vittima di cybersquatting, può agire in giudizio al fine di richiedere il trasferimento del nome a dominio contestato, la sua cancellazione e, in ogni caso, il risarcimento del danno subito.

Altra pratica di pirateria informatica, simile al cybersquatting e particolarmente diffusa, è quella di typosquatting. Con il termine typosquatting si indica la registrazione di nomi a dominio contenenti refusi rispetto al nome originale con lo scopo di sfruttare i possibili errori di digitazione di chi effettua delle ricerche online. Anche a tale pratica è possibile applicare le tutele di cui sopra.