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Voragine nelle alpi svizzere

Una voragine nelle alpi svizzere immortalata da Gerard Stampfli nel 2015 e pubblicata sul quotidiano Le Nouvelliste.

Di recente è stato registrato lo zero termico a 5000 metri di quota; i ghiacciai con altezza superiore a quella del Monte Bianco sono a rischio scioglimento ed un intero secolo di copertura glaciale è compromesso.

Quando parliamo del riscaldamento globale pensiamo immediatamente all’artico, agli enormi pezzi di ghiaccio che si distaccano cadendo in acqua, oppure alla famosa fotografia dell’orso polare smagrito, bagnato ed in difficoltà. Ma se è vero che l’artico cade a pezzi, è altrettanto vero che i ghiacciai della nostra penisola non godono di una salute migliore.

In primo luogo la Valle d’Aosta, area con altitudine media più elevata d’Europa (2000 metri circa) che in soli sette anni (dal 2005 al 2012) ha perduto l’1% cento dei suoi ghiacciai. La superficie di questa regione è ricoperta di ghiaccio per il 4% della sua estensione: 120 chilometri quadrati di cui 30 andati persi; un volume pari a seimila campi di calcio. «Caldo impressionante. A giugno in maglietta a 4.800 metri. Pazzesco. La notte il cielo è sereno eppure non gela. Non c’è la solita escursione termica. Si sprofonda in neve marcia perfino alle prime ore del mattino» – ha commentato l’alpinista Giorgio Passino, guida alpina di Courmayeur, sul quotidiano La Stampa.

Voragine nelle alpi svizzere
L’impressionante scatto di Gerard Stampfli immortala una voragina apertasi nel 2015 tra le alpi svizzere. La foto è stata pubblicata sul quotidiano Le Nouvelliste.

La situazione italiana è piuttosto tranquilla sul restante versante alpino; nella zona del Monte Bianco per esempio ci sono state abbondanti nevicate sia nel periodo invernale che in quello primaverile; il quadro però è totalmente diverso sul versante francese: «Negli ultimi 15 giorni per sei volte le temperature hanno superato lo zero in cima al Bianco. Domenica scorsa a mezzogiorno la punta più alta, 12 gradi. E la quantità di neve è pari all’anno più povero, il 2011» – ha dichiarato Edoardo Cremonese dell’Arpa.

Cosa comporta tutto questo? Rischio siccità, frane e crolli. «Abbiamo tre situazioni sotto controllo sul Monte Bianco. Il “cucciolone”, il grande ghiacciaio pensile delle Grandes Jorasses, che è soggetto a perdere per gravità la parte frontale senza che il riscaldamento incida più di tanto, poi il ghiacciaio di Planpincieux e il versante della Brenva che invece subiscono l’alterazione climatica» – dice Jean-Pierre Fosson, il segretario di Montagna Sicura. «Ghiacciai come la Brenva o il Miage stanno per diventare “caldi”. Significa che quando accadrà saranno soggetti a scivolamento perché non poggeranno più su terreno freddo ma faranno i conti con la circolazione d’acqua da scioglimento nel loro substrato» – mette in guardia Valerio Segor, dell’ufficio valnghe della Regione Val D’Aosta.

MA COS’È LO ZERO TERMICO?

Per spiegarlo in termici semplicistici possiamo limitarci a dire che consiste in quel dato meteorologico che indica l’altitudine alla quale la temperatura nella libera atmosfera è (o sarà successivamente) di zero gradi Celsius. La prassi vuole che al di sopra di tale altitudine la temperatura sia inferiore allo zero, ad esclusione dei casi di inversione termica.

RISCHIO CROLLI

Il versante della Brenva vige in condizioni critiche; le alte temperature stanno provocando crolli di parete. Evitare di generare allarmismo, come spesso capita nella burocrazia italiana, può davvero impedirci di essere più prudenti?

A riguardo possiamo riflettere sul commento del presidente delle guide del Bianco, Giulio Signò, «Una settimana fa nevicava, un freddo umido inconsueto, poi tutto svanito in poco tempo. Al rifugio Gouter, sul versante francese, non c’è neve. Di solito a giugno si doveva spalare per raggiungere l’ingresso».