Quando per pagare ci “metti la faccia”
A cura di Gemma Delle Cave
Dopo l’introduzione di dispositivi con funzioni di pagamento contactless, è stato compiuto un ulteriore passo che potrebbe far piacere a chi proprio non tollera stare ore in coda per acquistare un prodotto, o magari non riesce mai a ricordare il pin della carta di credito o, ancora, chi ha dimenticato il portafogli a casa: si tratta del pagamento facciale. Ebbene sì, al posto di banconote o carte di plastica si utilizza il proprio volto.
Ma come funziona il pagamento facciale?
Molti penseranno che magicamente si possa pagare ammiccando a un computer con telecamera, ma non è così purtroppo. Come ad una carta di credito viene associato un conto corrente con del denaro, così funziona con il volto: si collegano i nostri “dati facciali” ai nostri averi in banca.
Questi sistemi informatici sono di natura biometrica, ovvero hanno il compito di identificare caratteristiche biologiche o comportamenti umani e confrontarli con i dati presenti nei database. A questo tipo di dati appartengono le impronte digitali, la conformazione delle parti del nostro corpo, la struttura dell’iride e della retina, il timbro della nostra voce ed anche il modo in cui effettuiamo una firma.
La prima realtà ad aver adottato questo sistema è stata la Cina e sia clienti che commercianti ne sono stati molto contenti, perché è un ottimo strumento in grado di proteggere le proprie finanze. In caso di scippo dovrebbero rubarci il volto, quindi rapirci fisicamente, cosa sconveniente e poco pratica!
Gli ideatori
È stato fondato nel 2011 dal CEO Yin Qi e dai ricercatori della Tsinghua University e vanta molti gruppi industriali famosi, tra cui Lenovo e Huawei. La prima piattaforma ad aver adottato questo metodo di pagamento è stata Alipay, ed in seguito anche altre, come la Tencent, proprietaria di Wechat (il Whatsapp cinese).
Si tratta di un qualcosa destinato ad avere grande successo, perché ha invaso anche ristoranti, stazioni delle metro, e non solo. Nei bagni pubblici i riconoscimenti facciali servono ad erogare il giusto quantitativo di carta igienica, mentre nei punti di raccolta differenziata ad offrire dei premi in cambio dei rifiuti.
Il riconoscimento facciale serve soprattutto per garantire più sicurezza. Distingue i residenti di un parco abitato, esamina chi entra negli aeroporti e capisce chi non attraversa sulle strisce. Molti dispositivi hanno adottato anche l’identificazione vocale, in quanto in alcuni casi non sono stati riconosciuti tempestivamente i volti associati ai conti.
I rischi
Non mancano le polemiche in materia di privacy. Non si sa per quanto tempo le facce dei clienti e i loro dati possano essere memorizzate dai negozi. Inoltre, il rischio principale è che le forze dell’ordine si possano avvalere di queste informazioni per tenere d’occhio i dissidenti politici o le etnie, come per il caso degli Uiguri di religione musulmana nello Xinjiang o delle manifestazioni che stanno avvenendo nella città di Hong Kong.
Entro il 2020, la Cina avrà un numero di telecamere pari alla metà dei suoi abitanti, che saranno i più osservati di questo pianeta qualsiasi cosa facciano. Fortunatamente la tecnologia evolve, intanto i meno propensi all’utilizzo dei propri volti non possono girare con una maschera o conservare i guadagni sotto al materasso. Come in tutte le cose bisogna conviverci, accettandone anche i difetti.