Prima legge di Newton: abbiamo sbagliato a tradurla per 300 anni
La prima legge di Newton, anche conosciuta come legge di inerzia, è uno dei pilastri fondamentali su cui si basa la fisica classica. Per quasi 300 anni, una traduzione errata di questa legge ha influenzato la nostra comprensione della meccanica newtoniana. Ma ora, grazie al lavoro del filosofo Daniel Hoek della Virginia Tech, abbiamo una nuova prospettiva. La nuova traduzione infatti definisce in modo più preciso la prima legge del moto dei corpi.
L’errore di traduzione della prima legge di Newton
La prima legge del moto di Newton che tutti abbiamo imparato a scuola è spesso semplificata come “un oggetto in movimento tende a rimanere in movimento, un oggetto a riposo tende a rimanere a riposo”. Infatti, la legge di inerzia afferma che un corpo rimane in stato di quiete o moto rettilineo uniforme a meno che non venga sottoposto a una forza esterna. In sostanza, un oggetto si muoverà sempre a velocità costante (nulla nel caso di un corpo in quiete), a meno che una forza esterna non agisca su di esso.
Tuttavia, questa legge nasconde un dettaglio cruciale trascurato per secoli che ora finalmente è più chiaro. Il testo originale del XVII secolo, scritto in latino, è conosciuto come “un corpo tende a mantenere il suo stato, di riposo o di movimento costante, a meno che non venga influenzato da forze esterne”. La rivelazione chiave di David Hoek è che Newton non intendeva riferirsi a corpi immaginari privi di forze esterne, come molti hanno interpretato nel corso dei secoli. Al contrario, lo scienziato voleva sottolineare che ogni cambiamento nello stato di moto o di quiete di un corpo dipende da forze che agiscono su di esso.In altre parole, l’inerzia di un oggetto non indica che è completamente isolato da forze esterne, ma piuttosto che il suo comportamento è influenzato da tali forze.
La traduzione corretta della prima legge di Newton
Una delle ragioni per cui questa rivelazione è rimasta inosservata per così tanto tempo è stata una traduzione errata in inglese del 1729. Questa traduzione ha introdotto un piccolo, ma significativo, cambiamento nel significato. Nella traduzione, l’espressione di Newton nisi quatenus è resa con “unless” (quindi “a meno che non venga influenzato da qualche forza esterna”). Ma la traduzione corretta dovrebbe essere “except insofar” (salvo nella misura in cui). Questo errore di traduzione ha contribuito alla percezione che Newton si riferisse a corpi non influenzati da forze esterne. Ciò ha portato nei secoli a un fraintendimento della sua prima legge del moto. In pratica, si è pensato che Newton riferisse la sua legge solo a corpi non sottoposti a forze esterne, che però sarebbero dei corpi immaginari. Da questo è scaturito il dubbio che ha portato a una revisione della traduzione.
Come cambia l’interpretazione della fisica classica
Questa revisione è in realtà abbastanza intuitiva se si conosce la fisica e la scoperta potrebbe sembrare solo un piccolo dettaglio accademico. Questo dettaglio però ha implicazioni profonde per la fisica e la nostra comprensione dei fenomeni. In primo luogo, potrebbe risolvere alcune delle apparenti incongruenze filosofiche tra le teorie di Newton e quelle di Einstein, il padre della relatività generale. Sappiamo infatti che la teoria della relatività ha le sue basi proprio nella meccanica newtoniana. Questo cambiamento concettuale potrebbe inoltre gettare una nuova luce sulle relazioni tra forza, massa e movimento nell’universo.
Oltre alle implicazioni teoriche, questa scoperta potrebbe avere un impatto significativo sull’educazione scientifica. Agli studenti possiamo offrire una comprensione meno superficiale e più completa delle leggi che governano il moto. La nuova interpretazione della prima legge di Newton apre quindi la strada a una più corretta comprensione dei fenomeni che ci circondano.
Immagine di copertina: ritratto di Isaac Newton di Sir Godfrey Kneller (1702)