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Quella volta in cui la ricerca della pietra filosofale portò alla scoperta del fosforo

Le scoperte accidentali ed inaspettate sono riconducibili ad una terminologia molto diffusa tra gli scienziati: serendipità. Un esempio legato a quest’ultimo concetto è rappresentato senza alcun dubbio dalla scoperta del fosforo, verificatasi quando l’alchimista tedesco Hennig Brandt riuscì ad isolarlo per puro caso. L’obiettivo di Brandt, infatti, non era il fosforo, bensì la tanto ricercata e leggendaria pietra filosofale.

L’alchimica e la pietra filosofale

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Foto di Joshua Fuller su Unsplash

L’alchimia può essere definita come una complessa e misteriosa combinazione di filosofia, spiritualità e scienza, contornata da un marcato carattere esoterico. Le origini del termine alchimia non sono molto chiare, e una delle ipotesi più accreditate sostiene che l’espressione derivi dall’arabo (al-, inteso come articolo determinativo) e dal greco “chemia”, il cui significato potrebbe essere riconducibile alle parole miscela o miscuglio. Quest’arte è nata in Egitto nel I secolo d.C. e si è diffusa rapidamente anche in Europa e Asia.

L’alchimia veniva vista anche come “l’arte di trasmutare i metalli”, in quanto uno dei principali obiettivi degli alchimisti era quello di convertire i cosiddetti “metalli base”, come ad esempio il piombo, in “metalli nobili”, come l’oro. Quest’ultima caratteristica, in aggiunta alla capacità di produrre elisir di lunga vita e la facoltà di condurre l’uomo verso la conoscenza assoluta, secondo gli alchimisti, si concretizzavano in una sorta di amuleto, che risultò essere la più grande ossessione per gli alchimisti stessi: la pietra filosofale.

Il fascino celato dietro la leggenda della pietra filosofale negli ultimi anni è stato riproposto all’attenzione del grande pubblico grazie alla serie di romanzi fantasy di Harry Potter, firmati dalla scrittrice J.K. Rowling, ma in passato numerosi ed importanti alchimisti si sono dedicati molto seriamente alla sua ricerca.

La scoperta del fosforo

Nel suo laboratorio, l’alchimista tedesco Hennig Brandt, nel 1669, sottopose ad ebollizione, per circa due settimane, 1200 galloni (circa 4500 litri) di urina, con l’obbiettivo di ottenere la pietra filosofale. Quando la parte liquida era ormai tutta evaporata, e dopo una serie di trattamenti, venne a formarsi un vapore di colore bianco che in seguito condensò in grandi gocce che brillarono intensamente per diverse ore. Brandt rimase incredibilmente stupito da quanto aveva osservato e chiamò la sostanza che aveva ottenuto “phosphorus”, una parola greca il cui significato è “portatore di luce”.

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L’alchimista scopre il fosforo di Joseph Wright of Derby, 1771 (Immagine di pubblico dominio).

L’alchimista pensò subito di avere scoperto qualcosa che possedesse in sé una sorta di anima energica e scrisse una lettera al grande matematico Gottfried Wilhelm Leibniz, comunicando la sua incredibile scoperta. Ovviamente, considerando le conoscenze scientifiche dell’epoca, Brandt non poteva comprendere a pieno la chimica che c’era dietro la sua scoperta. Oggi sappiamo che la luminosità che viene ottenuta dipende dal fosforo elementare (formula P4 – fosforo bianco), ottenuto per distillazione dai fosfati (PO42-) inizialmente presenti nell’urina insieme a composti organici, che reagendo con l’ossigeno dell’aria brucia con una fiamma accesa, formando anidride fosforica (P2O5).

La sua scoperta ebbe un impatto significativo sul campo della chimica e aprì la strada a ulteriori ricerche sul fosforo e sui suoi composti. Anche se le sue metodologie e ragionamenti erano legati all’alchimia, la scoperta del fosforo segnò un passo importante verso l’emergere della chimica moderna come disciplina scientifica separata dall’alchimia.

Fosforo: chimica e applicazioni

Il fosforo è un elemento della tavola periodica avente numero atomico pari a 15 e un solo isotopo stabile con numero di massa pari a 31 (31P). Le forme del fosforo (più correttamente indicate con il termine “allotropi”) più diffuse in natura sono essenzialmente due: il fosforo bianco e il fosforo rosso. Il fosforo bianco è un solido molecolare, velenoso, dall’aspetto ceroso e si incendia spontaneamente quando esposto all’aria, e per quest’ultima caratteristica viene spesso impiegato nella realizzazione di numerosi dispositivi incendiari a scopo bellico e non.

Inoltre, la caratteristica di incendiarsi spontaneamente a contatto con l’aria ha fornito all’elemento fosforo l’appellativo “elemento del diavolo”.  Il fosforo rosso invece è un solido covalente, amorfo, non tossico e viene spesso utilizzato nella costruzione di fiammiferi e in pirotecnica.

La funzione biologica del fosforo è semplicemente indispensabile. Ricopre un ruolo di primaria importanza nella costituzione degli acidi nucleici (DNA e RNA) ed è un componente fondamentale delle ossa del nostro corpo. Inoltre, il fosforo trova largo impego anche nella produzione di fertilizzanti: il fosfato d’ammonio ((NH4)3PO4) è un sale ampiamente utilizzato in agricoltura. Importantissimo il ruolo del fosforo anche nella produzione dell’acciaio. Esistono anche il fosforo nero e viola, ma sono modificazioni allotropiche decisamente meno comuni.

A cura di Matteo Iafrate