Scoperti nuovi batteri in una zona dell’Antartide considerata sterile
I ricercatori della Fondazione Edmund Mach (F.E.M.), insieme all’Università della Tuscia, al Joint Gerome Institute e all’Università della California, hanno identificato, in Antartide, ben 269 nuove specie di batteri. La notizia risulta ancor più sorprendente sapendo che l’area di rinvenimento era, fino a non molto tempo fa, sterile. Lo studio effettuato è stato pubblicato sulla rivista “Microbiome” raccontando ai lettori tutto il processo di studio, di analisi e di raccolta dati sia per poter scoprire la nascita e il passato di questi batteri, sia il loro futuro.
Metodo di raccolta dati
Dallo studio emerge che l’area studiata corrisponde alla regione “Victoria Land” del continente Antartico. Essa è situata nella zona occidentale tra il “mare di Ross” e la “barriera di Ross”, ed è compresa tra l’Altopiano Antartico e la costa. La regione è esposta a temperature estremamente basse e forti venti.
I frammenti di rocce sono stati raccolti in diversi momenti e condizioni climatiche, prelevati con scalpelli sterili per poi essere posizionate in sacchi di plastica sterile ad una temperatura di -20°C. In questo modo le rocce non subivano compromissioni con batteri estranei e lo studio non veniva corrotto.
In seguito è avvenuta l’estrazione del Dna per poter separare i vari batteri e poterli studiare. È stato in questo momento, tramite lo studio e le analisi statistiche, che le varie scoperte sono state fatte trovando, quindi, la presenza delle 269 nuove specie di batteri.
Nuovi batteri trovati in Antartide: risultati sbalorditivi
Lo studio ha prodotto, come già detto in precedenza, la scoperta di 269 nuovi batteri non appartenenti a specie già esistenti ma, comunque, sono stati raggruppati in classi o phylum. È risultato, quindi, che la maggior parte appartenessero alla classe degli Actinobacteria, seguiti dai Chloroflexi e dai Proteobacteria ma andiamo con ordine e spieghiamo queste classi.
Gli Actinobacteria, conosciuti anche come Attinomiceti, sono un raggruppamento di batteri Gram positivi, ovvero quei batteri che a seguito della colorazione di Gram (un esame di laboratorio che mette in evidenzia le proprietà fondamentali della parete cellulare dei microrganismi) presentano una colorazione blu o viola e, quindi, la presenza di amminozuccheri quali l’acido N-acetulmuramico e N-acetilglucosamina con le relative catene di amminoacidi.
Da quello che sappiamo, gli Actinobacteria sono batteri presenti in molte parti del globo, spaziando addirittura con territori dalle temperature più calde come nei deserti e solo ulteriori studi riusciranno a capire come essi siano riusciti a sopravvivere e proliferare alla temperatura Antartica.
I Chloroflexi e i Proteobacteria invece sono Gram negativi, i primi, appartenenti alla classe dei batteri fotosintetici, non producono ossigeno come si potrebbe immaginare ma scindono elettroni. I secondi, invece vengono chiamati così per via della loro abilità nel cambiare forma a causa delle diversità. Prendono il nome dal dio greco Proteo. Essendo entrambi, come precedentemente detto, Gram negativi, composti da lipopolisaccaridi, una endotossina batterica.
Dallo studio, i gruppi di ricerca, sono riusciti a risalire anche alla nascita dei batteri, durante il periodo delle glaciazioni Tonian, situate prima delle glaciazioni Cryogeniane, quando l’Antartide era ancora parte del supercontinente Rodinia. Queste notizie allontanano l’ipotesi che i batteri si siano evoluti per via del surriscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacciai.
Una scoperta che apre le porte a nuovi studi
Ulteriori studi sulle nuove specie di batteri potranno permetterci di scoprire i meccanismi necessari a scoprire come i vari ecosistemi sul nostro pianeta reagiranno al cambiamento climatico, in particolare quelli presenti ai Poli. Inoltre potremo anche capire come le diverse specie si modificano e prolificano nella nostra attuale era: quella della desertificazione. Inoltre bisogna tenere sotto osservazione quali batteri, con lo scioglimento dei ghiacci, possono risultare nocivi per la vita umana ed evitare possibili nuove pandemie.
A cura di Giulio Pio Dima