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    Wormhole: Intervista a Salvatore Capozziello

    Il 18 marzo 2017 è esploso un boom giornalistico secondo cui era stato scoperto il Wormhole per il viaggio del tempo. Tutto ciò, ovviamente, era una bufala.

    Ciò che il Prof. Salvatore Capozziello ha creato è un prototipo millimetrico di Wormhole, ma non nel senso astrofisico della parola. I dettagli sul modello erano già stati riportati da Antonio Piazzolla in un suo precedente articolo

    Ciò a cui abbiamo puntato è stato quello di riportare la realtà dei fatti, data la disinformazione fatta dopo questa scoperta, e abbiamo, dunque, avvicinato lo stesso Salvatore Capozziello, che si è prestato più che volentieri ad un’intervista.

    Wormhole: Salvatore capozziello
    A sinistra Gianmarco Valletta, Caporedattore Aerospace.cue e redattore Science.cue, a destra Salvatore Capozziello, professore di Astronomia e Astrofisica presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”. Credits: closeupengineering.it

    Dunque, senza perdere ulteriore tempo, diamo la parola al Prof. Capozziello.

    Date le incomprensioni, causate da numerose testate giornalistiche, sull’effettiva scoperta da lei fatta, direi che possiamo cominciare con un discorso completo su cosa riguardasse la sua ricerca.

    Quello che noi abbiamo fatto è stato applicare le Equazioni di Einstein (ossia le Equazioni di campo gravitazionale) ad una struttura che è il grafene. Il grafene è un materiale estremamente leggero, duttile e malleabile che ha una serie di proprietà di grande interesse che lo rendono ANALOGO ad una struttura spazio – temporale. Quindi noi NON abbiamo inventato la macchina del tempo ma abbiamo trovato un wormhole (una struttura che è soluzione delle equazioni di Einstein) ANALOGA. Da qui alla macchina del tempo passeranno cent’anni.

    Esaminiamo, per un momento, la storia del “Wormhole” o anche “Ponte di Einstein-Rosen”. La storia nacque quando, nel 1935, Einstein e un suo studente, appunto Rosen, si posero un problema molto importante: Se ho un buco nero, nel buco nero che fine fa la conservazione dell’energia? E che fine fa la conservazione di tutte le grandezze? Quindi c’era un problema delle condizioni sull’energia che non devono essere violate in presenza di una singolarità. La soluzione che trovarono Einstein e Rosen fu quello di avere un cunicolo spazio – temporale che faceva variare la topologia ma conservava, intatte, le leggi della fisica. È a questo punto che nasce quella parte della relatività generale che prende il nome di “Fisica del Wormhole”, legata al “problema della macchina del tempo“.

    Qual è questo problema?

    Il problema è la cosiddetta “Chronological Protection“, una congettura formulata da Stephen Hawking, per la quale se io entro nel Wormhole e poi ne esco, automaticamente violo le condizioni di causalità. E quindi posso tornare indietro nel tempo. Questa congettura è stata introdotta per risolvere il famoso “Paradosso del nonno” (ossia torno indietro nel tempo, uccido mio nonno e quindi non sono mai nato).

    Tutto questo lo abbiamo preso e riportato all’interno della fisica del grafene. Come già detto, il grafene ha una struttura che può essere modellata tramite le equazioni di Einstein. Quindi, che cosa succede? Il grafene puro è costituito da cellette esadimensionali (o “A nido d’ape“), però su queste cellette si possono avere delle impurità che possono essere pentavalente o eptavalente, cioè il legame del carbonio, anziché strutturarsi in cellette a sei dimensioni, può strutturarsi in cellette che hanno 5 o 7 legami. Il punto interessante della storia è proprio questo, ed è proprio qui che nasce l’analogia (e ribadisco ANALOGIA) con la macchina del tempo.

    Questo perché se i difetti sono pentadimensionali si formano delle correnti negative, se invece sono eptadimensionali si formano delle correnti positive. Questo vuol dire che all’interno del Wormhole la struttura è tale che può essere attraversata o in entrata o in uscita da corrente. Quindi non solo riusciamo a tirar fuori una struttura di Wormhole stabile (quindi due fogli di grafene con un nanotubo che li connette), ma viene anche realizzata come soluzione delle equazioni di Einstein. In più, il Wormhole astrofisico non potrebbe essere attraversato da informazione (quindi dal tempo), perché violeremmo la congettura di protezione cronologica; quello che, invece, accade nel nostro caso è che riusciamo ad attraversarlo e a generare un circuito a seconda del drogaggio di atomi pentavalenti o eptavalenti che riusciamo a mettere nel sistema. Il risultato è che troviamo una struttura analoga a quella astrofisica, che è attraversabile pur rimanendo stabile.

    Nella struttura astrofisica, per evitare la storia della violazione della causalità, si ha un problema che è stato evidenziato da Wald e Flanagan, i quali hanno constatato che il Wormhole dovrebbe evaporare. In questo caso non solo non evapora, ma rimane stabile e riesce ad essere attraversato da un analogo della curva temporale, che è la corrente. 

    Nel 1966, Heisenberg disse: “Se io ho strutture analoghe, la fisica potrebbe essere la stessa”. Quindi anche se da un lato abbiamo una scala astrofisica, e dall’altro una scala microscopica, la struttura è analoga.

    Quali potrebbero essere le valenze tecnologiche di questa scoperta?

    La cosa interessante da un punto di vista tecnologico è che avremo una corrente che passa all’interno del Wormhole a resistenza zero. Avremo, quindi, un superconduttore naturale generato dal carbonio e, dunque, organico. Quindi, tecnologicamente parlando, possono esserci delle ricadute elevate: avremo il transistor perfetto oppure l’oggetto che, a resistenza zero, fa passare corrente.

    Oltre il modello già descritto, abbiamo costruito un dimostratore (Con il gruppo del professor Tafuri), ossia abbiamo realizzato un prototipo di un device elettronico di altissima precisione. In questo momento siamo in contatto con numerose istituzioni, sia italiane che estere per fare in modo di renderlo “commerciabile”. Attualmente siamo in contatto con l’Università di Chalmers, che si trova in Göteborg (Svezia), che dovrebbe fornirci il grafene, che sarà così puro da permettere il drogaggio.

    Una piccola curiosità: questo progetto di Wormhole è sempre stato un suo oggetto di ricerca? O è una cosa più recente?

    Io mi occupo di Relatività Generale, quindi, in argomenti come “Black Hole” e “Wormhole”, ci sguazzo. L’interesse per questo progetto nasce tramite un gruppo di ricerca internazionale, in cui sono coinvolti degli strutturisti (struttura della materia). Ragionando su questo tipo di argomento, un paio di anni fa ci è venuta l’idea di trovare un analogo sotto questo senso. Oltre all’idea del grafene, e qui ammetto la mia ignoranza, forse questo tipo di struttura può essere realizzata anche con altri materiali. Tuttavia il grafene, grazie alle sue ottime proprietà di conducibilità e il suo modo di potersi strutturare, rappresenta comunque il candidato ideale.

    Per ulteriore chiarezza, specifichiamo di nuovo: quindi il viaggio del tempo non c’entra nulla?

    Esatto. Il viaggio del tempo è un’ ANALOGIA. L’analogia sta nel fatto che in questo oggetto fluisce corrente. Fluisce corrente così come nel Wormhole astrofisico fluisce informazione. Quindi, per riprendere il parallelo, se vogliamo interagire dalle due bocche del Wormhole dobbiamo essere equivalenti a questi difetti pentavalenti o eptavalenti. Ergo, in un Wormhole astrofisico, gli osservatori, per poter interagire, dovrebbero avere una struttura simile a quella del grafene. La cosa più interessante è che questo drogaggio non è fatto ponendo nella struttura atomi diversi, ma è la geometria della struttura a indurre il passaggio di corrente. Quindi l’analogia con la legge di Einstein è totale: così come nella legge di Einstein la curvatura è indotta dalla distribuzione di materia, così la corrente è indotta dalla distribuzione di elettroni e, dunque, di atomi.

    Ultima domanda, quasi banale: Date le sue conoscenze e il progresso scientifico, crede che riusciremo mai ad intendere “Wormhole”, così come è stato erroneamente inteso dalle altre testate?

    Bellissima domanda. Wormhole vorrebbe dire che dovremmo avere delle prove astronomiche. Vi dico, in MANIERA MOLTO CAUTA, che esistono delle strutture astronomiche che potrebbero essere buoni candidati per essere Wormhole. In particolare, mi vengono in mente i cosiddetti “Black Hole or Starvation“: sono degli oggetti, al centro delle varie galassie, per i quali abbiamo una struttura che riprendono i Black Hole, però è detta “starvation” (o Black Hole “malato”) perché la quantità di energia intorno ad esso, e il tipo di strutturazione degli oggetti che gli girano intorno, sono tali che sono troppo pochi per la massa dell’oggetto. È come se, per rispettare le leggi della fisica e le condizioni dell’energia, il flusso di questi oggetti finisse da qualche altra parte. Questi, ripeto, sono buoni candidati. Ma se dovessi dire che sono, effettivamente, degli Wormhole, sarei un bugiardo.

    Maurizio Cheli

    Intervista a Maurizio Cheli, da astronauta ad imprenditore

    Cosa fa un astronauta quando va in “pensione”? Solitamente si dedica alla divulgazione scientifica ma non dimentichiamoci che coloro che hanno volato nello spazio sono individui pieni di risorse e sopratutto di energie! È il caso di Maurizio Cheli, astronauta, pilota e imprenditore.

    Dopo una straordinaria carriera come pilota collaudatore ed astronauta, a bordo dello Space Shuttle Columbia, nell’ambito della missione Tethered, nel 2005 Maurizio ha fondato, insieme ad alcuni amici appassionati di volo, la CFM Air, una start-up specializzata nella progettazione, produzione e nel collaudo di velivoli sportivi e turistici in lega di alluminio e fibra di carbonio.

    DARDO
    Il velivolo DARDO realizzato dalla CFM-Air. Fotografia di Raffaele Salvemini

    Abbiamo deciso di andare a trovarlo per farci raccontare di questa sua nuova esperienza nel mondo dell’imprenditoria. Maurizio ci ha dato appuntamento all’Aeroclub Torino, dove abbiamo potuto ammirare il DARDO in tutta la sua bellezza estetica.

    Intervista a Maurizio Cheli
    Da sinistra a destra: Antonio Piazzolla, Maurizio Cheli, Raffaele Salvemini. Sullo sfondo il velivolo DARDO.
    Fotografia di Lorenzo Rubino.

    Maurizio raccontaci di questo velivolo, dalla sua nascita fino al collaudo.

    Questo alle nostre spalle è l’ottavo modello che progettiamo dalla nascita della startup. CFM-Air si occupa di ingegneria passando dalla progettazione al collaudo di un prototipo volante da soli: ad eccezione del motore che viene ordinato su commissione. Per il design invece ci appoggiamo ad un caro amico di Modena, Mirko Pecorari: lui ci disegna le forme che poi noi ingegnerizziamo. Utilizziamo gli stessi software che utilizzano le grandi aziende tipo CATIA, ed i software che servono per la progettazione strutturale come NASTRAN. Diamo priorità agli interni poiché questi velivoli sono usati normalmente per turismo e quindi devono essere confortevoli. Contrariamente alle altre aziende, noi partiamo dall’interno per realizzare infine la scocca, un pò come avviene per le automobili.

    DARDO disegnato con CATIA
    Il DARDO disegnato con il software CATIA. Credits: CFM-Air

    Quanto tempo occorre per realizzare un prototipo di questo tipo?

    Dalla sua progettazione sino al collaudo, siamo riuscito a mettere in volo questo primo prototipo elettrico in due anni. Adesso ne abbiamo un altro, il DARDO 2, di tipo ibrido. Siamo solo 7 al momento e ci occupiamo anche della realizzazione degli stampi per realizzare i pezzi e assemblarli una volta pronti. Pur essendo un velivolo piuttosto semplice rispetto ai prototipi militari bisogna comunque testarlo al punto da garantire l’adeguata sicurezza che ogni aeroplano deve avere prima di poter essere utilizzato in volo.

    DARDO
    Il velivolo DARDO realizzato dalla CFM-Air. Fotografia di Raffaele Salvemini

    Parliamo delle caratteristiche tecniche, delle prestazioni e dei costi di produzione.

    DARDO pur essendo un aereo ultraleggero si colloca nella fascia alta del mercato, sia per l’impiego del materiale utilizzato sia per le caratteristiche del velivolo. Magari è un termine un pò azzardato, ma volevamo costruire la “Ferrari” del cielo, sia dal punto di vista di comodità interna, sia dal punto di vista delle prestazioni. È molto prestazionale nel suo campo, con un’autonomia e una maneggevolezza che fann si che DARDO si avvicini molto ad un velivolo da addestramento militare. L’autonomia del velivolo è di 4 ore, per spiegarlo in termini pratici, è in grado di volare da Torino a Palermo con una sola ricarica, con una velocità di crociera pari a 250 km/h. I costi per un progetto di questo genere, qualora costruito e finanziato in piena autonomia, si aggirerebbero intorno ad un milione e mezzo di euro.

    Seguite il resto dell’intervista nel filmanto in alto. Di seguito una photogallery dedicata a Maurizio Cheli e ai momenti salienti della sua carriera.

    Umberto Guidoni

    Intervista ad Umberto Guidoni, primo astronauta europeo sulla ISS

    Umberto Guidoni
    Umberto Guidoni

    Gli astronauti, si sa, sono in genere persone molto interessanti, gentili, disponibili e simpatiche ma la simpatia di Umberto Guidoni non ha eguali. Nato a Roma ha conseguito la laurea con lode in Fisica specializzandosi poi in Astrofisica all’Università «La Sapienza» ed ha ottenuto una borsa di studio presso il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN), di Frascati. Nel 2001 è stato il primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale con la missione STS-100, la centesima del programma Shuttle. Contattarlo è stato più facile del previsto: dopo un paio di e-mail il nostro incontro è stato fissato al Caffè Palombini, a Roma. Non capita tutti i giorni di fare colazione con un astronauta se poi si tratta di un’icona, che ha saputo coltivare la tua passione per la scienza, l’evento diventa ancora più emozionante. Ho sempre seguito Umberto infatti fin dalla più tenera età, quando fu ospite del programma “Chi ha incastrato Peter Pan?” condotto da Gerry Scotti. Non nego che l’emozione ha preso il sopravvento specie durante l’attesa che tuttavia non è durata più di qualche istante. Puntuale come un orologio svizzero, Umberto ci raggiunge all’ingresso del bar all’orario stabilito. Una stretta di mano e subito ci mette a nostro agio dopo la richiesta di darci del tu che ovviamente accettiamo senza esitazioni.

    Durante la nostra hearty breakfast, Raffaele ed Io raccontiamo ad Umberto di Close-Up Engineering e del nostro percorso di studi per poi mostrargli il ricco archivio di articoli, scritti da Umberto, che ho raccolto negli anni. Tra ricordi e un pò di risate, capiamo di aver famigliarizzato abbastanza da poter entrare nel vivo della nostra tanto desiderata intervista.

    Close-Up Engineering incontra Umberto Guidoni
    Close-Up Engineering incontra Umberto Guidoni. Da sinistra a destra: Antonio Piazzolla, Umberto Guidoni, Raffaele Salvemini.

    Com’è nata la sua passione per la scienza ed il desiderio di fare l’astronauta?

    La passione per la scienza ce l’avevo già da ragazzo, leggevo libri sopratutto di avventura prima e poi di scienza. Sopratutto fantascienza, è stata il filo conduttore della mia crescita. La scintilla che mi ha fatto venire l’idea, o meglio il sogno di fare l’astronauta, è stato lo sbarco sulla Luna. Crescendo mi sono reso conto che il mestiere di astronauta in quella fase storica era soprattutto americano e russo, per gli europei e gli italiani non c’era questa possibilità così mi sono detto se non posso fare l’astronauta studierò il cielo da Terra. Sono diventato un astrofisico ed ho fatto ricerca per una decina d’anni al CNR per studiare la magnetosfera terrestre e proprio questa attività mi ha concesso l’opportunità di realizzare il mio sogno: diventare astronauta. Alla fine degli anni ’90 ci fu un accordo tra americani e la nascente Agenzia Spaziale Italiana per la realizzazione di una missione sullo Shuttle proprio per lo studio della magnetosfera terrestre. Ho partecipato così alla selezione per diventare astronauta, senza avere particolari aspettative tanto è che non dissi nulla nemmeno alla mia famiglia. Ad un certo punto però restammo in due e allora si concretizzò la possibilità di andare per davvero in America e così è stato.

    Cosa serve per fare l’astronauta? Occorre avere qualche caratteristica particolare?

    In realtà no, molti pensano che gli astronauti debbano avere un fisico eccezionale ma non c’è bisogno di essere sportivi non devono stabilire dei record o fare le olimpiadi. Devono avere però una condizione fisica eccellente: sistema cardiovascolare molto efficiente, su di quello si basa uno dei test più importanti. Si verifica infatti che l’organismo sia in grado di sopportare quelle che sono le difficoltà a cui andrà incontro quando si troverà in assenza di peso, ossia le trasformazioni che il corpo subisce quando si trova in orbita. Naturalmente è importante anche l’aspetto psicologico che viene valutato dopo una lunga serie di test.

    Naturalmente una preparazione scientifica è fondamentale per poter fare questo mestiere.

    Si, ci sono due gruppi di individui che possono fare il concorso da astronauta: il primo gruppo riguarda i piloti militari perchè c’è il requisito del pilotaggio. I veicoli spaziali infatti si pilotano nonostante siano diversi da un aereo. Circa la metà di astronauti proviene da questo gruppo. Per loro è richiesta comunque una qualifica scientifica anche se non è necessaria una laurea, è importante avere invece molte ore di volo. L’altra metà di astronauti sono coloro che possiedono una formazione scientifica: è importante avere una laurea, per gli americani anche il dottorato di ricerca, ed avere anche un’esperienza di ricerca di qualche anno.

    Segui il resto dell’intervista qui: https://www.youtube.com/watch?v=DQUK8vnfJVU


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