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La viscoelasticità: perchè i polimeri si differenziano così tanto dagli altri tipi di materiali?

Nel mondo d’oggi, i polimeri sono sicuramente tra i materiali più diffusi ed utilizzati, vista la loro enorme versatilità, e continuano ad essere studiati estensivamente nel mondo della ricerca, per migliorarne significativamente le proprietà o per scoprirne nuovi utilizzi. In questo articolo vedremo nel dettaglio la viscoelasticità, ovvero il tipo di comportamento che rende tali materiali speciali.

I materiali polimerici, noti ai più come “plastiche”, sono decisamente una delle classi di materiali più conosciuti, se non addirittura i più popolari: è praticamente impossibile, in effetti, trovare oggigiorno qualcuno che non utilizzi quotidianamente svariati oggetti a base di materie plastiche, e la loro diffusione, incrementata esponenzialmente negli ultimi decenni, non pare dover rallentare a breve a livello globale. La ragione di questa grande popolarità viene dalla grande versatilità e adattabilità di questi materiali, che possono essere impiegati per tantissime applicazioni diverse, in virtù della loro grande varietà: a livello strutturale (amorfi-cristallini), ottico (opachi-trasparenti), comportamento ad alte temperature (rammollenti-indurenti), meccanici (elastici-plastici), permeabilità ai gas, e su altri livelli ancora.

La viscoelasticità

Per poter giustificare le proprietà uniche che caratterizzano i polimeri da altri tipi di materiali, bisogna innanzitutto delinearne la natura della viscoelasticità. Il nome stesso indica un comportamento “ibrido”: da un lato il materiale è elastico, nel senso che, sotto l’azione di una forza esterna, recupera tutta o solo in parte la deformazione applicata, ritornando alla forma iniziale del pezzo; dall’altro, nel contempo questi materiali sono anche viscosi, cioè si oppongono allo scorrimento causato dall’applicazione di uno sforzo esterno.

Nella pratica, la viscoelasticità rappresenta dunque un comportamento intermedio tra due solitamente considerati come estremi opposti: da una parte i materiali esclusivamente elastici, detti solidi ideali, e dall’altra quelli esclusivamente viscosi, detti fluidi ideali. Per poter distinguere più facilmente tra i vari tipi di comportamento, solitamente si utilizza un numero adimensionale, detto Numero di Deborah, e definito come il rapporto tra il tempo di rilassamento tipico del materiale (per rispondere ad uno stimolo esterno) e il tempo di applicazione dello stimolo esterno: in sostanza, maggiore è tale numero, più il materiale si comporta come solido, mentre se il rapporto è piccolo allora il materiale sarà più simile ad un fluido. Nel caso dei polimeri, il Numero di Deborah è tipicamente circa uguale a 1, dunque ci troviamo effettivamente in una situazione intermedia che caratterizza in generale i materiali viscoelastici.

Il comportamento viscoelastico dei polimeri si può giustificare tenendo presente la microstruttura che presentano tali materiali: i polimeri sono costituiti da macrocatene intrecciate tra di loro, che vanno a formare una sorta di gomitolo più o meno stretto. Sotto l’azione di una forza/deformazione esterna, dapprima questo gomitolo si deforma elasticamente, poi, se lo stimolo è applicato abbastanza a lungo, le catene cominciano a districarsi, causando la risposta viscosa ritardata nel tempo (secondo un tempo caratteristico che, appunto, dipende dalla natura precisa del polimero). La risposta del materiale dipende ovviamente dall’entità della sollecitazione esterna, ma anche e soprattutto dal tempo e dalla temperatura: all’aumentare di quest’ultimi due, la risposta viscoelastica si fa più pronunciata, perché le catene scorrono e si districano maggiormente.

Comportamenti tipici causati dalla viscoelasticità

Grazie a quanto appena visto, possiamo spiegare molti comportamenti tipici dei polimeri:

  • Il creep, ovvero un aumento della deformazione misurata mantenendo lo sforzo applicato dall’esterno su un valore costante;
  • Il rilassamento degli sforzi, che è simile al creep, ma qui si osserva un calo dello sforzo generato nel materiale a deformazione esterna costante;
  • La dipendenza della risposta del polimero alla velocità dello stimolo esterno;
  • L’isteresi, ovvero la progressiva perdita di energia meccanica immagazzinata in cicli ripetuti di carico;
  • L’attenuazione di onde acustiche e di urti con altri oggetti.

Polimeri vs metalli

In conclusione, per poter capire ancora meglio le particolarità dei polimeri, può essere utile confrontare la loro viscoelasticità tipica con quella di altri materiali che possono presentarla: in effetti, la viscoelasticità non è una prerogativa dei polimeri, e un’altra classe di materiali molto diffusi ed importanti che la presenta, ad esempio, è quella dei metalli.

Nei polimeri, la viscoelasticità è sempre presente, a qualsiasi velocità di deformazione e, soprattutto, temperatura (dalla quale dipende fortemente). In aggiunta, le deformazioni sono solitamente recuperabili (assumendo che il polimero stesso non degradi prima), e si può osservare un rango di viscoelasticità lineare, cioè un intervallo per piccole deformazioni esterne dove il materiale ha risposte di fatto costanti, seguito da un intervallo di viscoelasticità non lineare.

I metalli, invece, hanno un comportamento viscoelastico molto diverso: si presenta solo a temperature relativamente alte (sopra i 200°C), le deformazioni sono spesso irreversibili, e di solito non presentano la viscoelasticità lineare.

A cura di Pietro Baldin