Home » Atomik, la prima vodka fatta con grano contaminato di Chernobyl

Atomik, la prima vodka fatta con grano contaminato di Chernobyl

Chernobyl - crediti: Unilad, Sky Atlantic and HBO/University of Portsmouth

Nella zona di alienazione che circonda l’ex centrale nucleare di Chernobyl c’è una piccola fattoria che i ricercatori dell’Università di Portsmouth, guidati dal professor Jim Smith, hanno usato per coltivare grano di segale.
Ciò che gli scienziati volevano dimostrare è che è possibile ottenere beni di consumo, partendo da ingredienti contaminati.

Chernobyl
Atomik, la prima vodka prodotta a partire dal grano contaminato di Chernobyl – crediti: BBC

Il primo prodotto presentato è la vodka Atomik, imbottigliata dalla neo-azienda Chernobyl Spirit Company. Alla BBC, il prof. Smith ha dichiarato:

Il nostro intento era quello di usare il grano per fare alcolici.

Quella prodotta è l’unica bottiglia esistente, tremo ogni volta che la tocco.

È importante sottolineare, però, che la Atomik “non è più radioattiva di altre vodke“, ha spiegato Smith. Nel processo di distillazione, infatti, le impurità risiedono nella parte che viene scartata. Nonostante per la produzione vengano impiegati grano arso contaminato e l’acqua della falda acquifera di Chernobyl, le analisi effettuate sul prodotto finale non hanno evidenziato radioattività.

Abbiamo chiesto ai nostri amici dell’Università di Southampton, che hanno un incredibile laboratorio radio-analitico, di rilevare l’eventuale presenza di radiazioni.

Non sono riusciti a trovare nulla, era tutto al di sotto del limite minimo di rilevamento.

Jim Smith

Una nuova speranza per far rinascere Chernobyl

L’obiettivo di Jim Smith e del suo team è quello di imbottigliare circa 500 pezzi all’anno, per poterle poi vendere soprattutto ai sempre più numerosi turisti che visitano la zona abbandonata di Chernobyl. Il ricavato, secondo le intenzioni dei ricercatori, dovrà essere ripartito fra le famiglie che vivono nella zona intorno all’ex centrale per ripagare, anche se in parte, i difficili sforzi economici (e non solo) fatti in seguito al disastro del 1986.

Nonostante la natura ed il paesaggio si siano lentamente ripresi, le condizioni socio-economiche in cui versa la zona sono ancora molto arretrare. Come spiegato dal prof. Smith:

Mancano servizi sanitari adeguati, investimenti, lavoro.

La speranza è che questo progetto possa dare un aiuto a questa terra per risollevarsi.

Dopo 30 anni (dal disastro) la cosa più importante è lo sviluppo, non la radioattività.

Il dottor Gennady Laptev, scienziato dell’Ukrainian Hydrometeorological Institute e membro fondatore della Chernobyl Spirit Company, ha raccontato alla BBC che la coltivazione del grano e la distillazione di Atomik sono il lampante esempio di come anche una terra dal trascorso difficile come quella di Chernobyl possa essere adoperata in maniera produttiva.

L’invito di Laptev è chiaro:

Non dobbiamo abbandonare questa terra. Possiamo, invece, utilizzarla in diversi modi e produrre qualcosa che sia totalmente libero dalla radioattività.

Ma che gusto ha l’Atomik?

Con l’aiuto di alcuni esperti di un cocktail bar di Londra, la BBC ha confrontato la vodka Atomik con una vodka tradizionale. Secondo Sam Armeye (Bar Swift, Soho):

È più un distillato di grano che una vodka, quindi presenta molte note fruttate: si riesce ad assaporare ancora la segale.

Qualche consiglio sul suo utilizzo? “Sia per il classico martini ma anche mescolata con lo champagne“, ha concluso.