Sin dagli albori, nel 2012, CRISPR è stato indicato come una delle più promettenti armi a disposizione della medicina del futuro. Fino a pochissimi anni fa pensare di modificare un gene con la precisione di cui disponiamo oggi sarebbe stato soltanto una cosa da Hollywood; il progresso però continua a regalare sorprese. E allora? E allora CRISPR non solo è divenuto una realtà ma ogni giorno si affinano metodi per tentare di porre rimedio a patologie altrimenti incurabili.
Una di queste è la retinite pigmentosa, una patologia genetica a carattere dominante (per cui è sufficiente ereditare anche solo una copia di un gene perché la malattia si manifesti), degenerativa. Proprio su questa patologia i ricercatori della Columbia University, guidati da Stephen H. Tsang, MD, Ph.D, si sono concentrati per mettere a punto la loro sonda CRISPR.
In questo precedente articolo vi abbiamo mostrato la struttura anatomica della retina. Nella retinite pigmentosa l’epitelio pigmentato viene a perdere gradualmente la propria funzione e i fotorecettori, coni e bastoncelli, vengono distrutti. Il risultato è la perdita completa, intorno ai 40 anni, della vista. Si tratta di una patologia rara, con incidenza di circa 1/4000 individui nel mondo e rappresenta, in quanto malattia autosomica dominante, una prova importante per i ricercatori. Ottenere risultati incoraggianti su questo terreno aprirebbe le porte ad una medicina nuova, nella quale i limiti che oggi troviamo nelle capacità di trattamento verrebbero abbattuti in un tempo relativamente breve.
Trattandosi di una patologia dominante i ricercatori hanno avuto bisogno di creare una sonda così precisa da essere in grado di distinguere l’allele sano da quello mutato e di attaccare esclusivamente quest’ultimo.
Invece che utilizzare una sonda a singolo filamento di RNA si è optato per una sonda a doppio filamento. Questa è stata in grado di innalzare le percentuali di colpire il gene mutato dal 30 al 90%.
Il gene target della sonda è il gene Rho codificante per la Rodopsina. Di questo esistono più di 150 varianti che portano allo sviluppo della patologia e l’obiettivo dei ricercatori è quello di creare una sonda capace di attaccarle tutte. La mutazione del gene Rho è responsabile di circa il 30% di tutte le retiniti pigmentose autosomiche dominanti.
Per evidenziare i miglioramenti nella funzionalità retinica, Tsang e i suoi collaboratori hanno utilizzato una tecnica chiamata elettroretinogramma, che misura i potenziali di azione provenienti dai fotorecettori eccitati dalla luce. I risultati hanno mostrato una degenerazione molto limitata nei soggetti trattati rispetto a quelli che non lo erano stati.
Lo studio, condotto su modelli murini, ha evidenziato come la tecnica CRISPR potrebbe portare validi risultati anche contro patologie di questo tipo; se una teoria di questo tipo venisse confermata anche nell’uomo saremmo di fronte ad una nuova era della medicina in cui le malattie, soprattutto quelle genetiche, farebbero un po’meno paura.
La speranza dei ricercatori è quella, entro tre anni, di iniziare i trial clinici sull’uomo. Questo permetterebbe la messa a punto di quella che potrebbe diventare l’arma di elezione contro una patologia ad oggi incurabile.