La sonda Parker Solar Probe della NASA è stata lanciata circa un anno fa per uno scopo senza precedenti: arrivare nella parte più vicina e inesplorata del Sole, la corona. Quest’ultima è la zona più periferica e costituisce, insieme alla cromosfera, quella che viene definita atmosfera esterna.
La missione per Parker Solar Probe prevede 24 passaggi strategici in zone e punti del Sole finora inesplorati. Ad oggi ne sono stati compiuti tre e, in meno di un anno, sulla rivista Nature sono già presenti quattro pubblicazioni che parlano di scoperte inaspettate.
L’annuncio dell’amministratore delegato per la scienza della NASA:
I primi dati provenienti da Parker Solar Probe ci stanno facendo riscoprire la nostra stella. Infatti, osservare quest’ultima da così vicino rispetto a come era stato fatto nelle missioni precedenti ci sta inducendo a rivalutare il modo in cui dobbiamo considerare l’ambiente spaziale, e ci sta facendo capire meglio come il sole influenzi il nostro pianeta.
Non è semplice per noi quaggiù riuscire ad immaginare quanto intensa e “rumorosa” sia l’attività solare: da quando è nato, il Sole emette particelle che viaggiano alla velocità della luce e miliardi di miliardi di materiale magnetizzato.
Insieme alle esplosioni che avvengono sulla sua superficie, queste emissioni risultano essere pericolose sia per il nostro pianeta, che per l’attività scientifica che si svolge in orbita. Infatti, gli astronauti e i satelliti orbitanti la terra sono continuamente influenzati dall’attività solare, dannosa soprattutto per la strumentazione elettronica.
Per tutti questi fattori lo scopo principale della sonda Parker Solar Probe è quello di studiare l’attività solare da così vicino per poter migliorare la vita operativa dei satelliti attorno alla terra e la qualità della vita degli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Uno dei primi dettagli che la sonda Parker Solar Probe ci regala riguarda il vento solare: ciò che vediamo dalla terra è semplicemente una bolla, pressoché uniforme, che sappiamo trasportare il campo magnetico solare ed altro materiale. Tuttavia, siamo stati finora in grado di osservarla quando questa aveva già percorso un centinaio di milioni di chilometri. Quanto ne sappiamo sulla sua origine e sul suo meccanismo di accelerazione?
È proprio il Parker Solar Probe, che guarda il Sole così da vicino, a rivelarci cosa accade. Così come il Sole stesso, anche il vento solare è fatto di plasma, ossia quel gas in cui gli elettroni sono separati dagli ioni positivi: il gas è globalmente neutro, ma le particelle che lo costituiscono sono dotate di carica.
Queste ultime sono sì libere di vagare all’interno del plasma e trasportare i campi elettrici e magnetici, ma sono soggette a vere e proprie turbolenze causate da improvvise emissioni di energia all’interno del plasma stesso: in questo modo le particelle sono accelerate, e i campi sono soggetti a variazione. La scoperta è da imputare allo strumento FIELDS presente sulla sonda.
Un atteggiamento in particolare ha incuriosito gli scienziati del team di Parker Solar Probe. L’emissione delle particelle non è continua e diretta, ma queste sono soggette ad accelerazioni e percorrono delle strane “serpentine” che talvolta le inducono a tornare indietro: è poi il vento solare a rimetterle in direzione di espulsione per allontanarle definitivamente.
Un altro mistero in procinto di essere risolto è quello riguardante le polveri cosmiche: quelle di cui sono fatti i pianeti, le galassie e più in generale tutti i corpi celesti.
Per anni gli scienziati hanno supposto l’esistenza della cosiddetta dust-free zone, ossia una porzione di spazio molto vicina al Sole che, a causa delle alte temperature, vede la sublimazione delle particelle di polvere creando una zona dove, di fatto, polvere non c’è!
Questa è restata una teoria fin quando lo strumento di acquisizione immagini di Parker Solar probe, con grande sorpresa, ha mostrato un notevole assottigliamento del volume di polveri che circondano il Sole, proprio dove gli scienziati lo avevano immaginato.
Nei primi mesi del 2020 Parker Solar Probe verrà condotto in zone sempre più vicine al Sole e completamente inesplorate, portando probabilmente alla conferma dell’esistenza della dust-free zone.
L’avvicinamento di Parker Solar Probe al Sole è tanto pericoloso quanto prezioso: oltre alle scoperte di cui sopra, sono stati individuati nuovi tipi di combustione tra elementi pesanti, e quindi informazioni che arricchiscono il quadro generale dell’attività solare.
Anche alcuni fenomeni di emissione di energia causata dall’interazione tra particelle erano stati ignorati. Questo perché, una volta raggiunta la superficie terrestre, le particelle hanno già smaltito l’informazione, che pertanto non giunge alla strumentazione immediatamente fuori l’atmosfera terrestre.
La distanza minore sarà raggiunta a circa quattro milioni di chilometri: da lì Parker Solar Probe osserverà come la rotazione del sole influenza l’emissione delle particelle.
Quali sono le caratteristiche della nostra stella? Qual è il futuro che ci aspetta? Mancano ancora 21 incontri ravvicinati per riordinare al meglio i pezzi del puzzle!
Fonte e approfondimenti: NASA – https://svs.gsfc.nasa.gov/13484