Sanremo: chi è Paolo Palumbo, il rapper affetto da SLA
In questi giorni, uno dei temi caldi è certamente il Festival di Sanremo, di cui vi abbiamo parlato a seguito della notizia dell’invito declinato da parte delle ricercatrici che hanno isolato il Coronavirus. Ieri, durante la seconda puntata della 70esima edizione della kermesse, il conduttore Amadeus ha invitato sul palco dell’Ariston Paolo Palumbo, un giovane rapper sardo con una storia un po’ particolare.
Chef di 22 anni, è il più giovane malato di SLA d’Europa, contro cui lotta da 4 anni, da quando ne aveva appena 18. Con l’ausilio di un comunicatore vocale, Paolo ha portato a Sanremo il suo pezzo “Io sono Paolo”, accompagnato dal rapper Kumalibre e dall’inseparabile fratello Rosario (“che mi presta gambe e braccia“).
La SLA, la malattia che ha colpito Paolo Palumbo
La SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, i neuroni deputati al controllo dei muscoli.
Solitamente, la SLA colpisce individui adulti ambosessi con età superiore ai 30 anni, con maggiore frequenza dopo i 50 anni. Si tratta di una patologia rara: in Italia ci sono circa 7 persone affette da SLA ogni 100.000 abitanti. L’insorgenza della malattia, molto spesso, è indipendente dalla presenza di casi analoghi in famiglia, mentre circa il 10% dei casi è ereditario, causato da mutazioni del gene SOD1, del gene TARDBP e del gene FUS/TLS.
La diagnosi
I motoneuroni sono di due tipi: il primo motoneurone, localizzato nella corteccia cerebrale, ed il secondo motoneurone, localizzato nel tronco encefalico e nel midollo spinale. La SLA, colpendo sia gli uni che gli altri, si manifesta con perdita parziale o totale delle funzioni motorie (paralisi), difficoltà nel parlare (come detto all’inizio, Paolo Palumbo utilizza un comunicatore vocale), nel deglutire e nel respirare.
Non esiste un test specifico per confermare con esattezza la presenza della malattia. Attualmente, l’eventuale diagnosi avviene dopo un attento esame clinico da parte di un neurologo ed effettuando, successivamente, esami strumentali come elettromiografia e risonanza magnetica, finalizzati alla cosiddetta diagnosi differenziale (procedimento che mira ad escludere tutte le altre malattie con sintomi simili a quella per cui si indaga).
Esiste una cura?
La risposta è: purtroppo no. Non esiste ancora un farmaco in grado di bloccare l’avanzamento della malattia, portando alla guarigione del paziente. L’unico medicinale approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) per il trattamento della SLA è il riluzolo, appartenente alla famiglia dei benzotiazoli, che permetterebbe di prolungare l’aspettativa di vita di alcuni mesi.
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