Il Coronavirus è ormai arrivato in Italia infettando centinaia di persone in molte regioni. Le persone, non abituate a questa nuova situazione, si stanno facendo prendere dal panico, nonostante le rassicurazioni arrivate da alcune autorità sanitarie facenti capo all’ISS e all’OMS. In molti sono scettici poiché non riescono a capire come possa essere possibile affermare che il Coronavirus è poco più grave di un’influenza e poi nel contempo bloccare università, musei, scuole e milioni di posti di lavoro. Cioè, bloccare la vita normale del Paese. La risposta ce la dà la matematica, guarda caso.
Quando abbiamo di fronte una malattia infettiva, ne si descrive la contagiosità tramite un fattore, \(R_0\), detto numero di riproduzione di base. In soldoni, \(R_0\) misura quanti individui, in media, ciascun infetto può contagiare in una comunità completamente suscettibile alla malattia. In termini matematici, \(R_0\) è un dato statistico-descrittivo e, attenzione, assolutamente non deterministico. Infatti, se ad esempio per una data malattia \(R_0 = 2\), significa che in media un infetto contagia 2 persone, a loro volta i due individui ne contagiano 4, e così via, dando via ad una legge di contagio esponenziale.
Ma quanto vale \(R_0\) per il famigerato Coronavirus? Allo stato attuale, \(2,5\). A questo punto uno potrebbe chiedersi se sia alto oppure basso. Non è una domanda facile a cui rispondere: si può solo dire che in media un infetto contagia altre 2 persone e mezzo. E questo è il dato fondamentale che ci consente di comprendere perché siano state prese tutte le misure restrittive dalle Regioni e dal Governo. L’isolamento dei cosiddetti focolai, infatti, è fondamentale per far sì che il numero di riproduzione di base si abbassi. L’obiettivo? Ovviamente \(R_0 < 1\), situazione in cui il virus è destinato a scomparire col passare del tempo, poiché ciascun contagiato, in media, non riesce a infettare nemmeno una persona.
Domanda: \(R_0\) e mortalità del virus sono collegati? Assolutamente no! Non vi è alcun legame statistico tra la letalità del virus e la contagiosità. Come si calcola la letalità, dunque? Banalmente, basta dividere il numero dei morti per il numero di contagiati. Il problema reale è che le stime dei contagiati nel mondo sono decisamente inattendibili. Ciò dipende dal fatto che vi sono tantissimi contagiati, soprattutto nella zona di Wuhan, che magari hanno contratto il virus con lievi sintomi e quindi rappresentano casi non registrati nel grande database del CoVid-19. Considerando circa 80 mila contagiati in tutto il mondo, la mortalità del Coronavirus si attesta intorno al 2%, ma se è vero che i contagiati sono molto più di quelli registrati, probabilmente la mortalità scenderebbe di più della metà.
Se la mortalità non sembra preoccupare molto gli esperti, ciò che potrebbe rappresentare un serio problema per i Paesi del mondo è il fatto che in diversi casi il Coronavirus richiede il ricovero. Ciò significa che, se non si cerca di abbassare \(R_0\), presto gli ospedali potrebbero faticare a dispensare le cure necessarie ai pazienti. Per non parlare dei posti in terapia intensiva, scarseggianti in molte delle strutture non al meglio preparate a queste situazioni di emergenza. In poche parole, non contenere i contagi potrebbe significare causare danni ingenti al sistema sanitario ed economico nazionale e mondiale.
Così come avviene nel terzo principio della meccanica, ad ogni azione ne deve corrispondere una eguale e contraria. E così deve essere fatto con il Coronavirus: le misure adottate dalla Cina in primis, e dal nostro Governo poi, non sono affatto eccessive. Sono indispensabili per minimizzare la probabilità di contagi e per isolare gli infetti. Ciò non significa non poter più fare la vita di prima, ma significa dover seguire delle semplici regole per il benessere comune. Per questo motivi: niente panico, lavarsi le mani ed evitare il contatto con chi sappiamo essere infetto. Obiettivo abbattimento \(R_0\). Ce lo dice la matematica, fidiamoci!