Articolo a cura di Francesca Tarantino (UCSC – Roma)
Passata la fase emergenziale, continua la discussione nel mondo scientifico sulle più efficaci misure di distanziamento sociale per prevenire il contagio da COVID-19.
Come è ormai noto, è dibattuta la cosiddetta “evidenza scientifica” dell’efficacia di tali misure. Il 1 giugno 2020, tuttavia è stato pubblicato su The Lancet (una delle più importanti riviste di ambito medico del mondo) una review con una meta-analisi1 per cercare di fornire una guida iniziale che sia di sostegno non solo negli ambienti sanitari, ma anche nelle politiche statali, per la vita quotidiana di tutti noi.
Si tratta di un’analisi iniziale, suscettibile di errori (i cosiddetti bias) poiché non sono ancora disponibili studi randomizzati di questo tipo sul COVID-19. Pertanto gli autori hanno lavorato solo sui dati a loro disposizione, includendo studi osservazionali non solo su pazienti affetti da SARS-CoV-2, ma anche da SARS-CoV, da MERS-CoV (tutte patologie causate da diversi coronavirus), con popolazioni dunque selezionate e non randomizzate.
Ma cosa hanno analizzato, esattamente? Si sono chiesti, in sostanza, ciò che ci domandiamo tutti ogni giorno: ci serve stare lontani? La mascherina aiuta? E, addirittura, la “maschera” sugli occhi? Gli autori della review hanno preso in analisi 172 studi osservazionali (per un totale di 25697 pazienti) e hanno monitorato sia il paziente infetto, sia il “contatto a rischio”. Cosa ne è venuto fuori?
La famosa “distanza” serve eccome: una distanza paziente positivo – paziente esposto superiore a un metro abbatte la probabilità di contagio a circa il 2.5%, a fronte di un 12.8% in caso di una distanza inferiore al metro. Ma questo già lo sapevamo, direte voi. Il dato doppiamente interessante è anche un altro: per ogni metro di distanza sociale che si aggiunge, l’effetto protettivo potrebbe aumentare di circa 2 volte,cosa che potrebbe rivelarsi utile anche per le varie forme di tracciamento del contagio.
I dati dell’analisi sono eloquenti: indossare una mascherina protettiva (in particolare la N95, la famosa FFP3) riduce il rischio al 3%. E se non la indosso? Beh, in tal caso il rischio aumenterà al 17.4%.
Ultimo parametro preso in analisi: la protezione per gli occhi. Direte voi, appannaggio dei sanitari, invece i dati iniziali sorprendenti propendono per un grande effetto generale sulla riduzione della trasmissione del virus. (ancora dati con bassa evidenza).
Come gli autori confermano, si tratta di dati preliminari ma che al momento costituiscono la migliore evidenza possibile sull’efficacia di queste misure, utilizzabili dunque come guida “ad interim”. perché c’è la necessità di effettuare ulteriori studi su popolazioni randomizzate (gli studi randomizzati rappresentano, infatti, la forma più affidabile di evidenza scientifica). In ogni caso, è chiaro come il contenimento del contagio, in attesa di un efficace trattamento farmacologico e di un vaccino sicuro ed efficace, sia essenziale e assolutamente necessario.