Zipf e la frequenza dei fenomeni, una danza non casuale
L’analisi statistica è una chiave d’interpretazione fondamentale per la realtà insidiosa e affascinante in cui viviamo. Permette di ampliare il nostro sguardo ed osservare il filo conduttore che unisce la naturale realtà fisica con i principi teorici continuamente redatti dall’uomo. La realtà in cui viviamo è governata da molte leggi, alcune spesso ignorate, la Legge di Zipf ne è un esempio.
Nulla è scontato, Zipf lo afferma
La maggioranza delle persone, ritiene che la frequenza con cui un dato fenomeno si manifesti nel quotidiano, sia casuale. Alcuni, non sono invece in grado di interpretare logicamente tutto ciò che ci accade. Questo si verifica perché spesso gettiamo nel freddo buio dell’oblio, la consapevolezza del fatto che la nostra realtà è governata da leggi cui non può sfuggire. Sembra quasi scontato, infatti, affermare che una data successione di eventi si verifichi perché è nell’ordine dei fatti, cioè per pura inerzia. In verità, il susseguirsi di molti avvenimenti rispetta delle leggi ben precise, spesso non note. In particolare, una fra queste leggi, descrive molti degli aspetti sociali comuni, stiamo parlando della legge di Zipf.
Zipf e il principio del minimo sforzo
Il linguista e filologo statunitense George Kingsley Zipf, concentrò il suo lavoro in particolar modo sull’analisi statistica della frequenza dell’uso di parola. Zipf, con i suoi studi arrivò a comprendere che l’uomo, nel momento in cui si trova difronte a delle scelte, per quanto possano queste risultare complesse, cerca sempre di intraprendere la strada più semplice e meno gravosa. Il tutto con l’intenzione di ottenere il massimo risultato, mediante un impiego minimo di forze. In poche parole: minimo sforzo, massimo rendimento. Questo comportamento, che accomuna ogni singolo individuo, è noto con il nome di Principio del minimo sforzo.
Il principio del minimo sforzo nel quotidiano
Tenendo in considerazione che la vita di un individuo ha una durata più o meno lunga, si può intendere come la soluzione meno impegnativa per risolvere un qualsiasi problema, implichi un aumento di lavoro nel risolvere le questioni successive. Al contrario, spendendo più lavoro del necessario oggi, si può risparmiare ancora più lavoro domani. Estendendo la visuale a 360°, prendendo cioè in esame un’intera successione di eventi durante la vita di un individuo, si può affermare che il tasso del suo dispendio lavorativo in un dato momento, può influenzare la minimizzazione del suo lavoro nei momenti futuri.
Sulla base di queste implicazioni, si può affermare che: anche il tasso medio di lavoro speso di una persona nel tempo che è minimizzato nel suo comportamento, e non soltanto la sua spesa lavorativa in qualsiasi momento o problema. Una persona può dunque stimare, procedendo per ipotesi, quali possano essere i suoi eventuali problemi futuri, e così facendo può dominare la sua percentuale media del lavoro da spendere ( in funzione del tempo), scegliendo una soglia minima. Tuttavia, scegliendo una soglia minima, non si riduce al minimo il tasso medio di lavoro speso, ma si può ridurre un probabile tasso medio di lavoro.
La legge di Zipf come struttura universale del linguaggio
Zipf partendo da semplici ipotesi è approdato su una legge che divenne fondamentale in molti campi. In particolare, essa ebbe indubbiamente una grande rilevanza nelle lingue parlate.
Pensate forse che lingue abbiano una struttura comune casualmente?
In realtà non è così. Zipf infatti dimostrò che la frequenza con cui compare una parola, segue una legge di proporzionalità inversa. Ovvero, poche parole compaiono spesso rispetto alla maggior parte dei lemmi. L’andamento segue la legge di proporzionalità inversa definita come: f=1/G, dove G è un grado, cioè un numero, o come definisce lui stesso nella sua opera Human behavior and the principle of least effort, è un “rango”. Tale rango, assegnato ad una parola in un testo, cresce al decrescere della frequenza f con cui la parola in esame viene usata.
Si tratta dunque di una legge di potenza. Ciò significa che per ogni parola utilizzata con frequenza f ve ne sono circa dieci che compaiono un decimo delle volte, e così via. L’andamento che descrive questa legge è valido per ogni lingua esistente, e ciò rende evidente che le lingue in fondo non siano così diverse. Con il passare degli anni, la legge catturò l’interesse di molti altri studiosi. Questi cercarono di dimostrare come essa non valga soltanto per le strutture linguistiche, ma sia applicabile anche in altri campi. Ad esempio, la legge di Zipf è altrettanto valida nel sociale, nella psicologia, nella geologia, nell’economia, e persino in politica. Siamo dunque difronte ad una legge universale. Il principio del minimo sforzo è un principio primario, e governa in maniera assoluta il nostro comportamento.
Le nostre scelte dipendono dalla matematica
Seconda le teorie di Zipf dunque, il parlare si basa approssimativamente su un piccolo vocabolario che ogni individuo si crea. Ognuno di noi, ha un vocabolario di termini che usa tutti i giorni, utilizzando le medesime parole con la stessa frequenza. Secondo il principio del minimo sforzo, connaturato nell’uomo, non si andrà mai naturalmente alla ricerca di termini accurati o raffinati. Infatti, perché mai dovremmo sforzarci di cercare e usare parole nuove quando possediamo già un nostro vocabolario collaudato e pronto all’uso?
Alla luce di quanto detto finora, è sensazionale osservare come l’affascinante mondo della matematica, possa legare ogni singolo individuo. Ciò dimostra come in realtà non vi sia una vera e propria distinzione tra popoli e lingue, a prescindere dai suoni e dai modi dire che contraddistinguono un determinato popolo. I principi che governano il linguaggio parlato rimandano sempre alla legge di Zipf, tanto applicata quanto poco conosciuta.
Articolo a cura di Chiara Iervolino