Il 14 settembre 2020, abbiamo assistito alla conferma della presenza di fosfina su Venere. La pubblicazione, avvenuta su Science Astronomy da parte dei ricercatori del MIT e di altri rilevanti istituti, citava come possibile biofirma la presenza del gas sul Pianeta. Ad oggi, la conferma di un’altra importante presenza rilevata nell’atmosfera venusiana: l’amminoacido glicina.
Venere è un pianeta davvero estremo, con condizioni climatiche difficilmente comprensibili. La pressione a livello del mare è quattrocento volte superiore a quella terrestre, mentre per quanto riguarda la temperatura superficiale media, i dati oscillano attorno al folle range di 460/470°C. La causa risiede in un poderoso effetto serra, determinato da un’atmosfera composta prevalentemente di CO2, accompagnata da una piccola parte – ~3,5% – di azoto molecolare. Salendo nell’atmosfera, le temperature rimangono elevate. A circa 50 km dal suolo, si registrano dati che variano dai 26 ai 70°C, contro i -3°C rilevati sulla Terra per le stesse altitudini. Salendo ancora, ed entrando nella mesosfera di Venere, troviamo complesse reazioni fotochimiche ancora perlopiù incomprensibili all’essere umano.
Ad ogni modo, il recente ritrovamento di fosfina su Venere, insospettisce gli scienziati di tutto il mondo in merito alla possibilità di trovare tracce di vita sul Pianeta Gemello. Da recenti spettroscopie, è infatti emersa una consistente presenza di fosfina PH3 nell’atmosfera venusiana a livello equatoriale. La fosfina, un gas altamente tossico e graveolente, può essere il prodotto di diverse reazioni biochimiche sulla Terra, perlopiù a carico del metabolismo microbico anaerobico di determinati batteri. Dunque la sua presenza, può per analogia, far pensare che anche l’atmosfera di Venere possa ospitare un qualche tipo di microrganismo.
Ancor più recentemente, sempre nell’atmosfera della zona equatoriale di Venere, sono state rilevate tracce di glicina. La scoperta è da attribuirsi ad un team del Midnapore College, Bengala occidentale, guidato dal fisico Arijit Manna. Il team ha esaminato il pianeta servendosi di ALMA, acronimo di Atacama Large Millimiter/submillimiter Array, l’osservatorio più complesso mai costruito, in contatto con VLBA e IRAM. La glicina, C2H5NO2, è una macromolecola organica, un amminoacido glucocenico basilare, ampiamente presente nelle proteine animali terrestri. Secondo la IUPAC è acido amminoetanoico, e presenta la catena laterale, costituita da un solo atomo di idrogeno, apolare. Ovviamente, la molecola non è nemmeno chirale, piuttosto basica dunque, ma con un ruolo fondamentale nella biosfera terrestre.
A temperatura ambiente, la glicina è un solido cristallino biancastro, ed è solubile in acqua nella misura di 225g/L, a 20°C. Per l’essere umano, la glicina riveste un importanza fondamentale nel normale funzionamento e nella crescita muscolare. È inoltre molto utile nella produzione di energia, in quanto favorisce la produzione della creatina, necessaria alla produzione di ATP. Nel nostro corpo è ampiamente presente nel sangue, nel derma e nel tessuto connettivo. Fra le altre funzioni, ricordiamo anche quella di neurotrasmettitore inibitore. Un supplemento di tale amminoacido è spesso prescritto contro diverse patologie, dall’ischemia, dell’ulcera gastrica, alle criticità a livello prostatico. Dunque, pur non trattandosi di una biofirma come la fosfina, la glicina è chimicamente più complessa, e il suo ritrovamento su Venere, è per gli studiosi un nuovo grande dilemma.