Siamo nel pieno Medioevo: è il quinto giorno del mese di maggio, si aspettava il sopraggiungere della sera. La luna faceva capolino all’orizzonte, ma non sarebbe stato il solito cielo, non fino al mattino seguente. Fu un cielo senza luna, il satellite sembrò svanito. L’evento di quella notte fu descritto nel “The Peterborough Chronicle”, manoscritto che racconta la cronaca anglosassone, copiata e continuata dopo la conquista normanna. Fu un periodo di sfortunati eventi, dal 1108 al 1110 d.C., segnato da carestia e cambiamenti climatici insoliti: eventi ai quali uno studio pubblicato su ScientificReports dal team di ricerca capeggiato dal paleoclimatologo Sébastien Guillet ha forse trovato una motivazione.
Sicuramente la causa di questa temporanea scomparsa non poteva essere una “semplice” eclissi lunare: nelle eclissi lunari la Terra, posizionata tra il Sole e la Luna, oscura quest’ultima in un cono d’ombra donandogli un intrigante colore rosso. All’epoca la Luna però scomparve senza lasciare alcuna luce o alone nel cielo. Dunque, cosa causò quella scomparsa?
L’oscurarsi della Luna fu senz’altro dovuto alla presenza di una nube di particelle di zolfo che si insediò nella stratosfera, nella quale restò per tempi molti lunghi. Tale affermazione è dovuta allo studio condotto dall’Università di Ginevra, la quale ha analizzato i campioni prelevati dalle calotte glaciali o dai ghiacciai. I ghiacciai, i cui campioni comunemente vengono denominati “carote”, hanno la peculiare caratteristica di intrappolare le “nuvole di zolfo” che vanno a depositarsi sulla Terra.
Una volta chiarito il come e il perché di tale fenomeno, ultima domanda alla quale attribuire una risposta è “chi fu il responsabile?”. Inizialmente i ricercatori pensavano che la coltre che offuscò la luna fosse prodotta dall’eruzione del vulcano islandese Heckla, nel Medioevo indicato come la “Porta dell’inferno”, verificatasi nel 1104 d.C.
È chiaro che i ghiacci sono in grado di conservare una sorta di memoria dei fenomeni vulcanici ma l’individuare il lasso temporale preciso è una faccenda molto ostile. Infatti, studi recenti hanno evidenziato un errore nella valutazione della Greenland Ice Core Chronology 2005 (GICC05): la scala temporale segnava un significativo ritardo e per il team capeggiato da Sebastien Guillet questo significava che Heckla non poteva essere il responsabile.
La coltre di zolfo era una conseguenza di eruzioni avvenute tra la fine del 1108 e l’inizio del 1109 d.C., per durare fino al 1113 d.C. nel registro della Groenlandia. Sebbene sia impossibile saperlo con certezza, responsabile di tale fenomeno si pensa sia il Monte giapponese Asama, la cui enorme eruzione nel 1108 d.C. durò diversi mesi.
Ancora oggi, il complesso vulcanico di Asama è classificato come il più pericoloso dell’isola di Honshū nonché inserito nella lista dei “100 famosi monti del Giappone”. Infatti ad esso è associato il rango A, su una scala che va da “A” a “C”. La categoria A è assegnata ai vulcani con la più alta pericolosità.
Numerose sono le testimonianze storiche che danno valore a quanto affermato da Guillet e dal suo seguito. Si parte da documenti medievali che riportano di “strane e oscure eclissi lunari” fino ad arrivare ai registri della NASA. La NASA ha registrato sette eclissi lunari osservabili in Europa nel ventennio che va dal 1100 al 1120 d.C. Inoltre, i ricercatori di Ginevra, per sostenere le ipotesi finora avanzate, hanno anche analizzato gli anelli degli alberi, i quali hanno dimostrato come il biennio 1108-1110 d.C. fosse stato caratterizzato da temperature anomale. Altre testimonianze, soprattutto inerenti all’ambito degli impatti climatici e sociali, hanno in parte confermato le ipotesi di un’eruzione vulcanica. Secoli dopo l’accaduto, l’astronomo inglese Georges Frederick Chambers ne parlò definendo tale fenomeno “un’eclissi nera” ma mai nessuno studioso prima d’ora aveva associato il fenomeno del 5 maggio 1110 d.C. all’attività vulcanica. Nessuno fino ad oggi.
Articolo a cura di Marica Della Vecchia.