Metodo del libro aperto a caso, l’interrogazione a sorpresa più ingiusta di sempre
“Ragazzi, oggi interrogo!”. È questa la frase più temuta da tutti gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Spesso e volentieri, infatti, i docenti decidono all’improvviso di fare un’interrogazione a tappeto, senza programmarla con i ragazzi. Uno dei metodi preferiti dai professori italiani è quello “del libro”. Ma è un metodo equo?
Le interrogazioni a sorpresa
Non appena il professore o la professoressa pronunciavano le temute parole, il panico si palesava sulle facce degli studenti, in particolare di coloro che non avevano studiato il giorno prima, pensando che il docente avrebbe spiegato come sempre. A quel punto, al docente non resta che scegliere il metodo per interrogare. Un’opzione è quella di chiamare ad hoc alcuni studenti che il professore vuole appositamente mettere alla prova. Se però il docente non ha obiettivi precisi, non resta che affidarsi al caso. La seconda opzione è, infatti, quella che si poggia sui metodi di estrazione. Uno di questi si basa sull’utilizzo di un semplice libro di testo.
Il metodo del libro aperto a caso
Uno dei metodi più temuti dagli studenti, e per questo il preferito dai docenti, è quello del libro aperto a caso. Questa interrogazione a sorpresa consiste infatti nel prendere il libro di testo (meglio se corposo), aprirlo a caso e sommare le cifre della pagina che il professore si trova di fronte. Il numero ottenuto corrisponde al numero sul registro dello studente sfortunato. Se ad esempio la pagina è 234, l’estrazione vedrà scelto lo studente numero 9 sul registro di classe.
Da un punto di vista puramente intuitivo, tale metodo è il più temuto dagli studenti e il preferito dai professori perché potrebbe sembrare che qualsiasi combinazione sia possibile. Quindi, mentre è appurato che tale metodo sia abbastanza sadico, molti pensano anche che sia equo. Ma è veramente così?
L’interrogazione a sorpresa vista dal punto di vista matematico
Per rispondere alla domanda non ci resta che affidarci alla matematica, e in particolare al calcolo delle probabilità. Potremmo definire equo il metodo se ogni studente ha la stessa probabilità di essere estratto. In questo scenario, non vi è alcuno studente penalizzato, e ognuno di loro si affida alla dea bendata in egual misura. Ma se il metodo non è equo, significa che la probabilità non è equidistribuita fra i ragazzi della classe.
Prendiamo come esempio una classe di 25 studenti e un libro di 450 pagine. Facendo una panoramica passando in rassegna ogni possibile pagina del libro, si scopre facilmente che il metodo non è affatto equo.
Come si evince dal grafico, il metodo è del tutto sbilanciato dal punto di vista probabilistico. Il ragazzo n° 11 ha una probabilità del 9,33% di essere interrogato, mentre gli ultimi quattro dell’elenco solo dello 0,22%. Ciò è dovuto al fatto che, in un libro di 450 pagine, solo 4 pagine restituiscono i numeri 22, 23, 24 e 25 (le pagine col numero corrispondente). Non c’è alcuna possibilità che, sommando le cifre di una pagina, si arrivi a numeri così alti. Infatti, la somma più alta corrisponde alla pagina 399 (3+9+9 = 21).
E se prendiamo un libro più lungo o più corto?
A questo punto uno potrebbe chiedersi se la situazione cambia utilizzando un libro più corposo o più striminzito. Nel primo caso, il docente prende un’enciclopedia di 2500 pagine e, se la somma delle cifre supera i numeri sul registro, somma le cifre anche del primo risultato (si pensi alla pagina 1999, il primo risultato è 28, che supera 25. Quindi si sommano le cifre di 28 per ottenere 10).
Come si evince dal grafico, non cambia nulla. L’interrogazione propende per 14esimo studente, quindi il metodo rimane non equo. Se invece la professoressa usa un libricino di 50 pagine?
Ancora una volta, la probabilità non è la stessa per tutti gli studenti. Ben cinque di loro hanno probabilità 8% di andare alla lavagna per rispondere alle domande del docente.
Una possibile soluzione
Appurato che il metodo classico del libro aperto è profondamente ingiusto, ci si può chiedere quale sia un metodo più equo, usando sempre operazioni matematiche a partire dalle pagine di un libro di testo. Una possibile soluzione è quella di dividere il numero della pagina per il numero di studenti. Successivamente, si prende il resto della divisione e si aggiunge 1. Il numero ottenuto corrisponderà allo studente interrogato. Aggiungere 1 al resto serve ad aggirare divisioni con resto 0: infatti, se il numero di pagina è divisibile per il numero di studenti, il professore otterrebbe resto 0, che non corrisponde a un numero valido sul registro, che, per ovvie ragioni, parte da 1.
Ritornando al libro di 450 pagine, la situazione è la seguente:
Finalmente, col metodo “del resto + 1”, ogni studente ha la stessa probabilità di essere estratto. Ciò dipende dal fatto che il numero di pagine è un multiplo del numero di studenti. Se così non fosse, si vedrebbe una piccola differenza di probabilità, ma comunque irrisoria rispetto a quella presente col metodo della somma delle cifre.
Le interrogazioni a sorpresa devono essere eque
Quando un professore decide di interrogare a sorpresa e in modo casuale, il metodo scelto deve essere il più equo possibile. Ed è anche compito dei ragazzi far notare al proprio insegnante che il metodo classico “del libro” è profondamento ingiusto nei confronti degli studenti che si trovano a metà della lista. Onde evitare ogni polemica, resta sempre valida l’opzione dell’estrazione da un sacchetto, stile tombola. Tale metodo garantisce sempre e comunque la stessa probabilità a tutti gli studenti.
Detto questo, buona interrogazione a tutti!