Le radiazioni ionizzanti, come raggi X, gamma, particelle alfa e beta, sono particolari tipi di radiazione elettromagnetiche o particelle subatomiche dotati di una quantità di energia tale da “ionizzare” la materia, cioè liberare gli elettroni dagli atomi che costituiscono la materia che attraversano, determinando la creazione di particelle elettricamente cariche. Quando di seguito parleremo di radiazioni, faremo riferimento a queste. Le particelle elettricamente cariche prodotte durante l’irradiamento possono generare conseguenze anche gravi alla salute.
La quantità di radiazioni ionizzanti si misura con diverse unità di misura, in particolare abbiamo: il Röentgen (R) è un’unità di misura che non fa parte del sistema internazionale ed è usato per esprimere la quantità dell’intensità dell’esposizione alle radiazioni. La quantità di radiazioni a cui una persona è esposta e la quantità che si deposita nell’organismo possono essere molto diverse. Il Gray (Gy) e il Sievert (Sv) sono altre unità di misura che rientrano nel sistema internazionale e sono usate per indicare la quantità di radiazioni depositata nella materia, e di conseguenza utilizzate per misurare tale dose nell’uomo in seguito all’esposizione. Il Gray e il Sievert sono unità di misura molto simili, a eccezione del fatto che il Sv misura anche il danno causato da diversi tipi di radiazioni.
Tutti noi siamo quotidianamente esposti a livelli molto bassi di radiazioni, la cui sorgente può essere naturale, come le radiazioni cosmiche che sono bloccate dall’atmosfera terrestre e come anche, per esempio, molti elementi radioattivi presenti nel terreno, che variano da una parte ad un’altra del pianeta. Altre possibili sorgenti a cui potremmo essere esposti sono, in maniera molto indiretta, le radiazioni artificiali. La maggior parte di queste, possono riguardare l’uso di macchine radiogene, possibili incidenti nucleari sia in campo medico che industriale e rifiuti radioattivi.
Alcune parti del corpo sono più sensibili alle radiazioni. Infatti, gli organi e i tessuti in cui le cellule si moltiplicano rapidamente, come l’intestino e il midollo osseo, vengono lesi più facilmente, rispetto a quelli in cui le cellule si moltiplicano più lentamente, come per esempio il cervello. La gravità degli effetti in seguito all’esposizione dipende da vari fattori, tra cui soprattutto la quantità di radiazioni, la sensibilità dei tessuti e dall’entità della superficie corporea esposta.
Se si considera il caso generale, cioè l’irradiazione dell’intero organismo si può iniziare a parlare di gravità e di sindrome acuta da radiazioni a partire da 2 Gy. Da questa dose significativa possono insorgere inizialmente effetti gravi come nausea, disidratazione, febbre fino ad avere un ulteriore peggioramento con il passare del tempo. Il limite massimo di radiazioni assorbite, a cui un essere vivente ha basse probabilità di vita, è pari a 6 Gy. A questi livelli, gli effetti possono essere fatali se la dose di radiazioni colpisce tutto l’organismo in un lasso di tempo molto breve, questo perché il danno supera l’abilità del corpo a ripararlo.
Nel caso in cui, l’esposizione è limitata a una piccola zona e diffusa per un periodo di tempo, che siano settimane o mesi, come nella radioterapia per il cancro, si possono somministrare dosi anche maggiori senza gravi danni e avere alcuni effetti collaterali tardivamente, come per esempio la nausea. Esistono anche effetti a lungo termine, dovuti principalmente a mutazioni prodotte a livello cellulare. Tra di essi si ha, ad esempio, l’insorgenza del cancro nelle persone irradiate e di malformazioni nei loro discendenti. Per questi effetti non è stato possibile individuare una soglia quantitativa di radiazioni, tuttavia potrebbero teoricamente manifestarsi anche con una dose molto debole.
Nonostante la potenziale grande pericolosità, si può confermare che possiamo vivere e convivere pacificamente con tutti i tipi di radiazioni elettromagnetiche, da quelle che associamo all’idea di benessere, come le radiazioni che arrivano dal Sole, a quelle che istintivamente temiamo di più, come le responsabili dei decadimenti nucleari. Qualunque sia la fonte, si possono trarre utili benefici. Ciò che è realmente fondamentale è: usarle con intelligenza e consapevolezza, e nel pieno rispetto del genere umano, una regola che in ambiti scientifici non dovrebbe mai essere dimenticata, qualunque sia la ricerca affrontata e, soprattutto, qualunque sia il tipo di applicazione tecnologica.
Articolo a cura di Chiara Iervolino.