Metanfetamina: come danneggia e agisce sul nostro cervello?
Dal 1999 al 2019, nei soli Stati Uniti, quasi 247 000 decessi sono stati causati da overdose di oppioidi sotto prescrizione medica. Una minaccia maggiore degli oppioidi è tuttavia rappresentata dalla metanfetamina che si annovera tra i farmaci stimolanti più comunemente usati in modo improprio nel mondo.
Le anfetamine sono dei prodotti di sintesi appartenenti alla classe delle fenetilammine. Sebbene queste sostanze si trovino anche nei farmaci per i disturbi da deficit dell’attenzione, negli psicostimolanti e negli integratori dimagranti, è presente un fiorente mercato non regolamentato. Tra il 2015-2019 sono stati rilevati circa 24 000 laboratori clandestini in 45 paesi del mondo. Più del 95% produceva metanfetamine; il 2% anfetamine; 1% ecstasy; il restante 2 % altri tipi di stimolanti. Il 2019 è stato l’anno record per quantità di stimolanti a base anfetaminica sequestrati dal 2001, con un aumento del 64% rispetto all’anno precedente.
Come agiscono le anfetamine sul nostro organismo?
L’anfetamina ha una struttura molto simile alla dopamina (neurotrasmettitore endogeno) per cui è in grado di legare il trasportatore Dopamine Active Transporter (DAT), mentre funge da inibitore del trasportatore vescicolare delle monoamine (VMAT). In questo modo, induce l’incremento delle quantità dei neurotrasmettitori noradrenalina e dopamina nello spazio intersinaptico.
Per la sua somiglianza strutturale, la metanfetamina compete invece con tre neurotrasmettitori; è quindi in grado di legarsi ai trasportatori di membrana di dopamina (DAT), di noradrenalina (NET) e di serotonina (SERT), oltre al trasportatore vescicolare delle monoamine-2 (VMAT-2).
La metanfetamina induce un accumulo delle monoammine nel citosol, mentre stimola il rilascio di dopamina, noradrenalina e serotonina nelle sinapsi (analogamente all’anfetamina, inverte la funzione endogena dei trasportatori).
- La dopamina agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC);
- Le regioni noradrenergiche sono: il proencefalo basale mediale, che media l’eccitazione; l’ippocampo, coinvolto nel consolidamento della memoria; la corteccia prefrontale (PFC), che elabora le funzioni cognitive.
- I neuroni serotoninergici sono dislocati in tutto il cervello e regolano diverse funzioni tra cui ricompensa, respirazione, percezione del dolore, sazietà, impulsività, ansia e funzioni cognitive.
La neurotossicità della Metanfetamina
L’abuso a lungo termine di METH, oltre a determinare danni fisici e mentali, incrementa la probabilità di sviluppare il morbo di Parkinson, la depressione, la schizofrenia, e altre sequele neuropsichiatriche e cognitive.
Uno degli effetti più studiati della metanfetamina è la neurotossicità: un danno fisico alla struttura o alle funzioni dei neuroni, permanente o reversibile. La metanfetamina può difatti indurre la distruzione dei componenti neuronali, il collasso dell’intero neurone e anomalie comportamentali, a seguito del danneggiamento dei terminali dopaminergici e serotoninergici.
Gli effetti della Metanfetamina sul cervello
Gli studi di neuroimaging hanno dimostrato che le alterazioni nell’attività del sistema dopaminergico causano riduzione della velocità motoria e difficoltà di apprendimento verbale. Emergono inoltre cambiamenti strutturali e funzionali nelle aree del cervello associate alle emozioni e alla memoria che determinerebbero i problemi emotivi e cognitivi negli individui dipendenti.
L’abuso di metanfetamina riduce l’affinità della dopamina per i trasportatori DAT nello striato, l’area del cervello responsabile della memoria e del movimento. Con l’astinenza prolungata, i trasportatori della dopamina possono tuttavia essere ripristinati.
L’abuso da METH ha effetti negativi anche su cellule cerebrali non neurali, come le cellule della microglia. Queste cellule agiscono contro gli agenti infettivi e rimuovono i neuroni danneggiati. Eppure, quando eccedono in numero, possono attaccare i neuroni sani. Uno studio di imaging cerebrale ha rilevato più del doppio dei livelli di cellule microgliali nei soggetti che avevano abusato di metanfetamina rispetto alle persone senza precedenti di abuso.
La metanfetamina altera le strutture cerebrali coinvolte nel processo decisionale e compromette la capacità di sopprimere i comportamenti abituali, sebbene inutili o controproducenti. Queste modificazioni, strutturali e funzionali del cervello, potrebbero spiegare perché la dipendenza da metanfetamina è così difficile da trattare.