La Tecnica dell’Insetto Sterile è considerata uno dei metodi ecologicamente più sicuri ed efficaci per controllare e contrastare, su larga scala, la diffusione di numerose specie di insetti parassitari. Ma come mai ci dovrebbe essere bisogno di una tecnica del genere?
Gli insetti rappresentano la classe più grande del phylum degli Artropodi: circa i tre quarti delle specie animali finora descritte fanno parte di questa classe. Il loro numero è in continuo aumento e fino ad ora sono state individuate e descritte ben oltre un milione di specie di insetti. Essi, a causa della loro versatilità biologica e della loro capacità di adattamento a differenti tipologie di ambienti, sono stati in grado di colonizzare tutte le piante. Alcune specie risultano essere essenziali per il funzionamento degli ecosistemi (ed esempio gli impollinatori); altre specie, invece, risultano estremamente dannose, sia in ambito agroalimentare che sanitario, a causa della loro capacità di devastare coltivazioni e di trasmettere malattie.
Per poter limitare quindi i danni causati da queste specie parassitarie, è necessario mettere in atto efficaci programmi di controllo delle popolazioni naturali. In passato, per il controllo e l’eliminazione di queste specie, venivano utilizzate sostanze chimiche come pesticidi, che però, non presentando una attività specie-specifica, non solo causavano problemi all’ambiente ma anche ad altre specie animali, uomo compreso. A causa di ciò, negli ultimi anni sono state sviluppate strategie di controllo alternative e sicure per l’ambiente, tra le quali è compresa la Tecnica dell’insetto sterile (SIT).
L’idea di utilizzare in natura insetti resi sterili per il controllo di popolazioni infestanti fu concepita per la priva volta dal genetista russo Serebrovsky nel 1940. Tuttavia, la prima vera e propria applicazione fu attuata intorno agli anni ‘50 negli Stati Uniti, con lo scopo di eradicare il Cochliomyia hominivorax, (dittero diffuso nelle Americhe le cui larve si nutrono della carne di vertebrati) dagli Stati Uniti, Messico e America centrale. La campagna ottenne esito positivo e attualmente l’utilizzo della SIT è stato esteso per il controllo di differenti specie di interesse agronomico (es. Ceratitis capitata) e di popolazioni di insetti vettori di patologie umane (es. Anopheles).
La tecnica dell’insetto sterile prevede il rilascio in natura di maschi resi sterili tramite radiazioni ionizzanti, per ridurre progressivamente il potenziale riproduttivo delle popolazioni della specie bersaglio attraverso accoppiamenti infecondi con femmine selvatiche.
Gli individui maschi utilizzati nelle campagne SIT, vengono allevati in massa in strutture specializzate denominate biofabbriche. All’interno di quest’ultime avviene anche il processo di sterilizzazione, che prevede l’esposizione a radiazioni ionizzanti, utilizzando sorgenti di Cobalto-60 o Cesio-137 (24 ore prima della schiusura degli adulti). Ovviamente questo processo deve essere effettuato in maniera corretta, in quanto dosi troppo elevate di radiazioni possono andare a modificare l’attività degli individui (es. riduzione della competitività e della mobilità).
Gli individui sterilizzati vengono poi rilasciati via terrena tramite auto o via aerea tramite aerei e droni. Quest’ultimo metodo risulta essere il migliore poiché permette di coprire aree più vaste in poco tempo, comprese quelle difficili da raggiungere con mezzi di trasporto di terra. Una volta effettuato il rilascio, ha inizio la fase di monitoraggio che viene attuata attraverso l’utilizzo di diversi tipi di trappole che permettono la cattura degli adulti. In laboratorio sarà poi possibile, tramite differenti metodi, distinguere gli individui sterilizzati (marcati), da quelli selvatici (non marcati), grazie all’utilizzo di polveri fluorescenti (visibili tramite lampade UV), oppure attraverso la dissezione degli organi riproduttivi.
La Tecnica dell’Insetto Sterile è considerata uno dei metodi ecologicamente più sicuri per il controllo locale di popolazioni parassitarie a causa di una serie di aspetti differenti:
Tuttavia, la SIT presenta anche una serie di svantaggi. In primo luogo, può essere utilizzata solo su specie di insetti che possono essere allevati in condizioni artificiali per periodi prolungati di tempo. Per evitare possibili re-invasioni, questa tecnica deve essere utilizzata su vaste aree. Inoltre, le infrastrutture che si occupano della sterilizzazione devono rispettare le norme sulla gestione e l’utilizzo di sorgenti radioattive e devono organizzare in modo efficiente il rilascio degli insetti sterili. Infatti, se l’area bersaglio presenta un numero elevato di individui selvatici, prima del rilascio di quelli sterili, è necessario che venga trattata con pesticidi per ridurre le dimensioni della popolazione preesistente.
Attraverso l’applicazione della SIT, si è potuto dimostrare come questo metodo sia risultato efficiente nel contenere e addirittura eliminare localmente differenti popolazioni di insetti target. Inoltre, dato che si tratta di una tecnica ecologicamente sostenibile, potrebbe diventare uno dei metodi di controllo più utilizzati per la lotta contro numerose specie invasive e pericolose. Negli ultimi anni, infatti, si è verificato un aumento delle richieste di sviluppo e di applicazione della SIT anche contro specie di zanzare, vettori di malattie umane, come Ae. aegypti e Ae. Albopictus.
Ovviamente però, per poter rendere questo metodo ancora più efficace e superare le sue limitazioni, risulta anche importante favorire la messa a punto di strumenti e strategie innovative. In questo modo è possibile migliorare l’efficienza dell’allevamento, la produzione di maschi sterili e il processo di separazione dei sessi. Tra questi abbiamo: