È stata pubblicata sul Journal of High Energy Physics la teoria finale sull’origine dell’universo del professor Stephen Hawking e il professor Thomas Hertog del KU Leuven. La presentazione della teoria per la pubblicazione è avvenuta poco prima della morte del famoso scienziato britannico avvenuta il 14 Marzo del 2018. Ad annunciarla per la prima volta il professor Horteg nel Luglio del 2017, proprio in occasione del 75° compleanno di Hawking. Ma cosa rende così particolare tale teoria? Rispetto alle moltissime ed attuali teorie sulla nascita dell’Universo, quella di Hawking si basa sulla teoria delle stringhe e prevede una riformulazione del concetto di Multiverso.
Secondo le attuali teorie sul Big Bang il nostro universo si sarebbe creato in una minuscola frazione di secondo per poi espandersi ad una velocità esponenziale. Tale processo prende il nome di inflazione e a renderla possibile potrebbero essere gli effetti quantistici. Si ritiene che, una volta iniziata, questa rapida espansione vada avanti per sempre. Ma in alcune regioni l’inflazione si blocca, formando degli universi locali tascabili con stelle e galassie. Secondo questa teoria, ogni cosa nel nostro universo osservabile è contenuta all’interno di una di queste tasche. Di conseguenza, la regione dell’universo in cui la Terra si trova sarebbe solo una porzione di un universo infinito in cui l’inflazione è cessata.
Le affermazioni di Hawking e Hertog sono tuttavia in contrasto con tale idea.
Il problema con l’idea dell’inflazione eterna è che presuppone un universo di fondo esistente che si evolve secondo la teoria della relatività generale di Einstein e tratta gli effetti quantistici come piccole fluttuazioni attorno a questo. Tuttavia, la dinamica dell’inflazione eterna spazza via la separazione tra la fisica classica e quella quantistica. Di conseguenza, la teoria di Einstein non può funzionare con un’inflazione eterna.
Thomas Hertog, professore del KU Leuven
Come evidenziato da Hawking, la previsione finale è quella di un universo su scala più ampia “ragionevolmente liscio e globalmente finito” e non di una struttura frattale.
Alla base dell’ipotesi degli scienziati vi è la teoria delle stringhe: una branca della fisica teorica che tenta di conciliare gravità e relatività generale con la fisica quantistica, e che descrive gli elementi principali dell’universo come minuscole stringhe vibranti. Più nello specifico, l’approccio dei due scienziati sfrutta il concetto di olografia della teoria delle stringhe. Secondo quest’ultimo l’universo sarebbe rappresentabile come un ologramma grande e complesso permettendo alla realtà fisica tridimensionale di essere matematicamente ridotta a proiezioni 2D su una superficie. I ricercatori hanno sviluppato una variante del principio olografico per proiettare la dimensione del tempo in inflazione eterna.
In questo modo, Hawking e Hertog sono riusciti a descrivere l’inflazione eterna senza intaccare la teoria di Einstein. Secondo la nuova teoria, dunque, l’inflazione eterna è ridotta a uno stato senza tempo definito su una superficie spaziale all’inizio del tempo. Una netta differenza rispetto anche alla precedente “teoria senza confini” di Hawking, che prevedeva un universo ristretto in una piccola sfera in origine.
Quando ripercorriamo l’evoluzione del nostro universo a ritroso nel tempo, a un certo punto arriviamo alla soglia dell’inflazione eterna, dove la nostra nozione familiare di tempo cessa di avere alcun significato. C’è un confine nel nostro passato.
Thomas Hertog, professore del KU Leuven
Qualora questi risultati venissero confermati, le implicazioni sul concetto di multiverso sarebbero notevoli. La nuova teoria implica una struttura globale molto più gestibile dell’universo, riducendo il multiverso sconfinato a una gamma più gestibile di possibili universi.
Non siamo ridotti a un singolo universo ma le nostre scoperte implicano una significativa riduzione del multiverso, a una gamma molto più piccola di universi possibili.
Stephen Hawking
L’obiettivo di Hertog, adesso, è di studiare le implicazioni della nuova teoria su scale più piccole e alla portata dei nostri telescopi spaziali. Secondo lui, le onde gravitazionali primordiali generate all’uscita dall’inflazione eterna potrebbero ricoprire un ruolo fondamentale al fine di testare il modello. Un’espansione dell’universo sin dalle origini implica la presenza di onde gravitazionali con lunghezze d’onda molto lunghe e non rilevabili dai rilevatori LIGO. A rilevarle però potrebbe riuscirci LISA, l’osservatorio spaziale europeo delle onde gravitazionali.