Buchi neri: cosa sono, come si studiano e ultime scoperte
I buchi neri sono probabilmente gli oggetti più spettacolari e misteriosi dell’universo. Oggi sappiamo che i buchi neri possono avere dimensioni molto diverse, da microscopici buchi neri primordiali alle masse stellari, fino ai buchi neri supermassicci presenti al centro delle galassie. Di recente è stato scoperto un gigantesco buco nero, che è uno dei più grandi mai osservati. Ecco cosa sono i buchi neri e quello che sappiamo di loro, anche alla luce delle ultime scoperte realizzate con tecnologie avanzate.
Che cosa sono i buchi neri?
I buchi neri sono oggetti estremamente compatti e massicci che si formano quando una stella collassa su se stessa dopo aver esaurito il combustibile nucleare. Quando la stella raggiunge una certa massa critica, la sua gravità diventa così intensa che comprime tutta la sua materia in uno spazio infinitamente piccolo. Si crea quindi una singolarità gravitazionale. Questo punto matematico è circondato da un confine invisibile chiamato orizzonte degli eventi, oltre il quale nulla, neanche la luce, può sfuggire all’attrazione gravitazionale del buco nero. In pratica un buco nero è un oggetto così massiccio e denso che la sua forza gravitazionale è così intensa da curvare lo spazio e il tempo intorno ad esso in modo estremo. Questa curvatura è talmente intensa che, una volta che un oggetto cade all’interno del buco nero, non c’è più modo per esso di uscirne.
Cosa dice la teoria dei buchi neri?
La teoria dei buchi neri si è sviluppata a partire dalle equazioni della relatività generale di Albert Einstein. Secondo la teoria dei buchi neri, quando una grande stella esaurisce il carburante nucleare, il nucleo collassa su se stesso sotto la forza della gravità. Si forma perciò un buco nero. Nonostantante la presenza di una teoria dei buchi neri dal XX secolo, la loro esistenza è dimostrata solo dagli ultimi decenni grazie alle osservazioni astronomiche. Nonostante la loro natura estrema e misteriosa, i buchi neri svolgono un ruolo cruciale nell’evoluzione e nella struttura dell’Universo. Gli scienziati studiano i buchi neri per capire come si sono formati e come influenzano le galassie e le stelle vicine. Inoltre, le osservazioni dei buchi neri ci aiutano ad approfondire la teoria della relatività generale di Einstein e la nostra comprensione della fisica.
Quali sono le caratteristiche dei buchi neri?
I buchi neri sono oggetti celesti incredibilmente compatti ma molto massicci. Le loro dimensioni dipendono dalla massa del buco nero stesso, ovvero da quanta materia è compressa al suo interno. La dimensione fisica del buco nero, chiamata raggio di Schwarzschild, è direttamente proporzionale alla sua massa: più grande è la massa del buco nero, più grande è il suo raggio di Schwarzschild. Tuttavia, poiché i buchi neri sono oggetti completamente neri, non è possibile osservarne direttamente le dimensioni. Si possono stimare le dimensioni di un buco nero utilizzando gli effetti gravitazionali prodotti sulle stelle e sulla materia circostante.
Quanto è grande un buco nero?
La grandezza di un buco nero dipende dalla sua massa, che può variare da poche volte a miliardi di volte rispetto a quella del Sole. In generale possiamo classificare i buchi neri in tre categorie:
- stellari, con una massa compresa tra 1,5 e 10 volte quella del Sole;
- di massa intermedia, con una massa compresa tra 100 e 100.000 volte quella del Sole;
- supermassicci, con una massa di milioni o miliardi di volte quella del Sole.
Un buco nero di massa vicina a quella solare ha un diametro di circa 6 chilometri, ma un buco nero supermassiccio può avere un diametro di miliardi di chilometri. Il buco nero più grande finora scoperto si chiama TON618, e ha una massa di circa 40 miliardi di volte quella del Sole.
Come si studiano i buchi neri?
Poiché i buchi neri sono invisibili agli strumenti, gli scienziati devono studiarli indirettamente attraverso le loro interazioni gravitazionali con altri oggetti vicini. Una delle tecniche utilizzate per studiare i buchi neri è il lensing gravitazionale che consiste nell’osservare la curvatura della luce emessa da oggetti che passano vicino ai buchi neri. La lente gravitazionale, o lensing gravitazionale, è un fenomeno predetto dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Si verifica quando la luce che proviene da una fonte distante è deviata dalla gravità di un oggetto massivo, come un buco nero o una galassia, che si interpone sulla linea di vista. Questa deviazione causa una distorsione dell’immagine della sorgente, che può essere vista come una sorta di lente di ingrandimento.
A cosa serve il lensing gravitazionale?
Il lensing gravitazionale può essere utilizzato per studiare l’universo e per determinare la massa degli oggetti massivi come i buchi neri. Infatti, quando un oggetto massivo devia la luce, la traiettoria subisce una curvatura. L’entità di questo fenomeno dipende dalla massa dell’oggetto. In questo modo, osservando il lensing gravitazionale di una fonte distante, è possibile determinare la massa dell’oggetto massivo che ha causato la deviazione.
Il lensing gravitazionale è stato osservato per la prima volta negli anni ’70, ma è diventato un campo di ricerca molto attivo solo negli ultimi decenni grazie all’avanzamento delle tecnologie e delle simulazioni al computer. Grazie alla lente gravitazionale è stato possibile studiare la distribuzione della materia nell’universo, compresi i buchi neri, che altrimenti sarebbero invisibili. Il lensing gravitazionale può anche essere utilizzato per studiare le proprietà dell’energia oscura, una forma di energia ipotetica che sembra guidare l’espansione dell’universo.
Scoperto uno dei buchi neri più grandi
Immaginiamo un oggetto con una massa 30 miliardi di volte superiore a quella del Sole, un buco nero enorme che rientra tra i più grandi mai osservati. La scoperta è stata effettuata da un gruppo di scienziati guidati da James Nightingale del Dipartimento di Fisica della Durham University del Regno Unito. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Questo particolare buco nero si trova al limite delle dimensioni che teoricamente crediamo che questo oggetto possa raggiungere. Per questo motivo si tratta di una scoperta estremamente interessante.
La tecnica utilizzata per il rilevamento del buco nero potrebbe essere in futuro impiegata per individuare buchi neri supermassicci inattivi, più difficili da osservare rispetto a quelli attivi. Si tratta di un buco nero con una massa pari a 30 miliardi di volte quella del sole. Parliamo di una massa circa 8 mila volte più grande del buco nero supermassiccio che si trova al centro della nostra galassia.
Come è avvenuta la scoperta?
La scoperta è stata possibile attraverso il fenomeno del lensing gravitazionale e l’utilizzo di simulazioni ottenute grazie al supercomputer Dirac Cosma8 della Durham University. I ricercatori hanno ottenuto centinaia di migliaia di simulazioni del viaggio che la luce emessa da una galassia molto distante compie per raggiungere la Terra. In particolare, ogni simulazione conteneva un buco nero di dimensioni diverse, che influenzava il cammino della luce in modo distinto. I dati così ottenuti sono stati incrociati con quelli rilevati dal telescopio spaziale Hubble. Quando le simulazioni includevano un buco nero supermassiccio, il cammino intrapreso dalla luce per raggiungere la Terra risultava in accordo con i corrispondenti dati estrapolati dalle immagini reali. È stato così possibile determinare la massa di questo buco nero gigante.
Prospettive future
La maggior parte dei buchi neri noti sono in uno stato attivo. Questo significa che attirano verso di sé la materia e causano l’emissione di energia sotto forma di luce, raggi X e altri tipi di radiazioni. Questo li rende più facilmente rilevabili rispetto a quelli inattivi. Tuttavia, il fenomeno del lensing gravitazionale permette di studiare anche i buchi neri inattivi, cosa attualmente impossibile per le galassie distanti. Questo approccio potrebbe permettere di individuare molti altri oggetti di questo tipo e rivelare come questi oggetti si siano evoluti nel tempo.