Nuovo record di decrescita delle nascite: in Italia sempre più culle vuote
Nuovo record di decrescita delle nascite: in Italia non si fanno più figli e questo ormai è diventato un dato di fatto. Lo riscontra anche l’Istat che, pubblicando gli indicatori demografici per l’anno appena trascorso, non fa che confermare il tutto. Indicatori che difatti non sembrano essere a favore delle nascite nel nostro Paese. I dati, seppur provvisori, indicano una riduzione sempre più marcata delle nascite in Italia.
Record di decrescita delle nascite: le stime dell’ISTAT
Secondo le stime pubblicate, la percentuale di nuove nascite nel 2023 è pari al 6,4 per mille su un totale di residenti pari a 379mila rispetto alla percentuale del 6,7 per mille del 2022. L’ultimo anno in cui si era registrato un incremento delle nascite è stato il 2008 e se si confronta la situazione attuale con quella del 2008 il calo risulta ancora più catastrofico essendo quasi pari al 35%. E questa percentuale non viene neanche più compensata positivamente dalle nascite dei residenti provenienti dall’estero, come avveniva in passato.
Calo demografico: quali sono le motivazioni
Nel nostro Paese, il numero medio delle nascite per donna passa dal 1,24 nel 2022 al 1,20 nel 2023 avvicinandosi sempre più al record storico del nostro Paese che nel 1995 toccò 1,19. Con il passare del tempo varia anche l’età media in cui la donna decide di diventare mamma, più alta al Nord ed al Centro (32,6 anni e 32,9 anni) e più bassa al Sud (32,2 anni).
Secondo l’Istat: “Riparte la posticipazione delle nascite fenomeno di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità, dal momento che più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale disponibile per le potenziali madri”.
Ma perché le donne decidono di ritardare sempre di più il momento di diventare mamme? Non sono poche le motivazioni che le spingono a prendere questa decisione ma, in questo contesto, cerchiamo di analizzare le più rilevanti.
Record di decrescita delle nascite: condizioni economiche e precarietà delle relazioni di coppia
Senza dubbio alcuno le condizioni economiche incidono tanto sulla decisione di mettere al mondo un figlio. Nel momento in cui non si ha un lavoro stabile, non si ha uno stipendio adeguato o non si ha una casa di proprietà ma si paga mensilmente un affitto a prezzi esorbitanti come si può solo pensare di far nascere un bimbo senza basi solide su cui poterlo far crescere in modo adeguato? Questo sembrerebbe essere un pensiero che pervade soprattutto le donne che vivono nelle grandi città, dove tra l’altro, una donna su tre perde il lavoro dopo essere diventata mamma.
Altro punto dolente sembrerebbe essere la difficoltà di trovare una persona con la quale condividere un progetto di lunga durata essendo la maternità e la paternità un vincolo per la vita. Oggigiorno trovare un partner stabile per mettere su una famiglia è difficile tanto quanto trovare il Sacro Craal anzi forse lo è molto di più!
La mancanza di interesse per la maternità
Chi dice che tutte le donne, solo perché donne, abbiano la voglia di diventare mamme? Purtroppo nel nostro Paese è radicata la mentalità che una donna debba essere e debba voler essere mamma. Ma chi dice che è sempre così? Con il passare degli anni e con l’avanzare dell’indipendenza femminile molte donne hanno preferito la loro indipendenza, non solo lavorativa, ma anche personale al voler diventare mamma.
E dunque da una parte vi è una motivazione prevalentemente economica perché a conti fatti per mettere alla luce un figlio servono soldi, dall’altra invece c’è quella che potrebbe sia essere vista sia come una “anti motivazione” sociale che si basa sul retaggio culturale di un paese a stampo cattolico in cui la donna per forza di cose deve diventare mamma perché se non diventi mamma, sei completa ma a metà sia come un obiettivo prevalentemente femminista che spinge le donne a voler rompere questo muro di conformismo che frena la loro indipendenza emotiva.
E in un Paese dove gli affitti ti portano via più della metà dello stipendio, dove gli aiuti ci sono ma sono minimi, dove gli stipendi sono tra i più bassi in Europa e dove la donna, nonostante si dica il contrario, non è ancora allo stesso livello di un uomo, con quale coraggio si può solo pensare di mettere al mondo un figlio?