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Nel 1952 Alan Turing pubblicò un articolo dal titolo “Le basi chimiche della morfogenesi” in cui ipotizzò un modello matematico in grado di spiegare la formazione delle macchie del leopardo, delle strisce delle zebre, del manto della tigre e, più in generale, di tutti gli schemi ripetitivi presenti in natura.

Pare che Turing fosse solito mostrare ai suoi colleghi disegni con macchie bianche e nere, frutto di complicati calcoli matematici, per sapere se potessero assomigliare al manto di una mucca frisona. Da quella pubblicazione emersero le equazioni di reazione-diffusione che spiegano non solo la formazione di molti disegni naturali (come le strisce di una zebra) ma anche la spirale di una conchiglia.

Le basi chimiche della morfogenesi”

Turing parla di due agenti chimici, due “morfogeni”, che agiscono in opposizione l’uno all’altro: l’attivatore promuove la formazione del colore mentre l’inibitore lo spegne. A livello embrionale queste due molecole interagiscono per poi diffondere secondo precise equazioni differenziali alle derivate parziali: il risultato finale lo possiamo scorgere e ammirare nelle straordinarie, affascinanti geometrie cromatiche della fauna terrestre.

Secondo il matematico inglese, la diffusione dei due morfogeni è simile a quella di una zolletta di zucchero che si scioglie e si diffonde in un bicchiere d’acqua: il morfogeno attivatore stimolerebbe la produzione di se stesso e anche quella del morfogeno inibitore mentre quest’ultimo avrebbe una maggiore capacità di diffusione rispetto a quella del morfogeno attivatore. Studi recenti hanno confermato la validità del modello matematico di Turing.

Il modello di reazione-diffusione può essere simulato (e, quindi, visualizzato al computer) con automi cellulari.