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Carne coltivata: l’UE chiude in anticipo la procedura Tris relativa alla legge che vieta la sua produzione e commercializzazione

La recente presa di posizione dell’Unione Europea (UE) nei confronti dell’Italia ha sollevato un polverone nel dibattito sulla carne coltivata, evidenziando un conflitto normativo che va oltre la semplice produzione alimentare. La Commissione Europea ha infatti concluso in anticipo la procedura Tris, relativa alla legge italiana che vieta la produzione e commercializzazione della carne coltivata, richiedendo al Paese una rendicontazione degli sviluppi dati al disegno di legge.

La legge include inoltre il divieto di utilizzare termini come “burger”, “cotoletta”, o “bistecca” per prodotti vegetali, per evitare confusione con i prodotti di origine animale, e prevede sanzioni da 10.000 a 60.000 euro per ogni violazione.

Cos’è la carne coltivata

La carne coltivata, nota anche impropriamente come “carne sintetica” (altri nomi utilizzati per questa carne sono “pulita”, “in vitro” o “artificiale”), è un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo, prodotto in laboratorio attraverso tecniche bioingegneristiche. Queste tecniche sono state inizialmente sviluppate nell’ambito della medicina riabilitativa.

La valenza del disegno di legge italiano sulla carne coltivata nel mercato unico dell’Unione Europea

Carne coltivata UE

Il cuore della controversia risiede nella violazione dell’articolo 6 della direttiva UE 2015/1535 da parte dell’Italia. Questa normativa impone agli Stati membri di notificare alla Commissione Europea qualsiasi disegno di legge potenzialmente in conflitto con il mercato unico europeo prima della sua approvazione. La legge italiana, introducendo un divieto sulla carne coltivata e sull’uso di termini “meat sounding” per prodotti a base di proteine vegetali, si è trovata al centro di questo scontro normativo, per aver eluso la procedura Tris e ritirato il disegno di legge prima dell’approvazione parlamentare.

La procedura Tris, adottata dall’Italia nel 2017, mira a garantire che le leggi nazionali non contraddicano le normative europee, soprattutto in ambiti che influenzano la libera circolazione delle merci. L’Italia, ritirando il disegno di legge dalla procedura Tris ad ottobre, ha evitato uno stop preventivo da parte della Commissione, ma la questione rimane aperta.

La risposta della Commissione Europea e le implicazioni per l’Italia

La Commissione Europea ha sottolineato che, pur non avanzando ulteriori osservazioni, si aspetta che l’Italia informi sul seguito dato al disegno di legge, anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di Giustizia dell’UE. Questo invito apre una finestra per possibili modifiche legislative che potrebbero armonizzare la normativa italiana con i principi del diritto dell’Unione Europea.

Carne coltivata e direttiva UE: la posizione del governo italiano

Nonostante le critiche e le accuse di violazione del diritto europeo, il Ministro dell’Agricoltura italiano, Francesco Lollobrigida, ha difeso la legge, sostenendo che non ci sarà nessuna procedura di infrazione e che spetterà ai giudici nazionali valutare la compatibilità della legge con il diritto dell’UE. Tuttavia, questa posizione non ha placato le voci critiche, sia a livello nazionale che europeo, che vedono nella legge un ostacolo alla libera circolazione delle merci e alla innovazione nel settore alimentare.

Le opposizioni politiche hanno criticato aspramente l’operato del governo, prevedendo possibili complicazioni future, inclusa l’apertura di procedure d’infrazione per limitazioni alla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione Europea. Inoltre, la legge viene vista da alcuni come un inutile esercizio di propaganda, data l’assenza attuale di prodotti di carne coltivata pronti per il consumo su larga scala e la mancanza di approvazione da parte dell’Unione Europea.

Il futuro di questa legge

Mentre l’Italia ha tempo fino a marzo per apportare eventuali modifiche alla legge, rimane da vedere come il governo risponderà alle sfide poste dalla Commissione Europea e quale sarà il ruolo dei giudici nazionali nell’interpretazione e applicazione della normativa. Questa vicenda mette in luce non solo il conflitto tra normative nazionali e standard europei, ma anche il dibattito più ampio sull’innovazione nel settore alimentare. La carne coltivata, ancora in fase sperimentale in paesi come Israele e Singapore, rappresenta una frontiera dell’innovazione che per molte persone solleva questioni etiche, ambientali e normative.

La questione della carne coltivata, o come viene erroneamente chiamata, tra Italia e Unione Europea rappresenta un caso emblematico di come il diritto e l’innovazione possano entrare in collisione, e di come sia necessario trovare un equilibrio tra protezione dei consumatori, libera circolazione delle merci e promozione dell’innovazione. La sfida sarà quella di navigare questi complessi equilibri normativi, garantendo al tempo stesso che l’Europa rimanga un terreno fertile per l’innovazione sostenibile nel settore alimentare.