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La controintuitività della meccanica quantistica: l’esperimento di Stern-Gerlach

Meccanica quantistica - trottola

Tra le cose più affascinanti della meccanica quantistica c’è il verificarsi di fenomeni che sono completamente diversi da quelli che possiamo vivere nella nostra macroscopica realtà, sembrando quasi magici o fantascientifici: tuttavia sono reali, misurabili, ed ingegnerizzati. L’esperimento di Stern-Gerlach è un esempio reale e chiaro di come la nostra intuizione ci possa portare fuori strada quando applicata al mondo degli atomi e dei suoi costituenti.

Il setting dell’esperimento

Siete il signor Stern (o Gerlach, come preferite), e volete misurare il momento angolare di spin lungo la direzione \(z\) ( \(S_z\) ) degli atomi di argento (Ag). Ciò che sapete è che se gli atomi vengono immersi in un campo magnetico lungo l’asse \(z\), essi subiscono una forza, proporzionale ad \(S_z\), lungo tale asse: $$F_z \propto S_z$$

Allora cosa fate? Tramite un forno con un piccolo buco scaldate gli atomi, che saranno poi liberi di uscire grazie al movimento generato dall’agitazione termica.

Usate un collimatore per indirizzarli verso dei magneti che avete precedentemente sistemato, i quali generano un campo magnetico lungo l’asse \(z\).

A questo punto su ogni atomo agirà una forza con componente solo lungo \(z\), la quale cambierà la traiettoria di ogni particella lungo tale direzione.

Infine, tramite uno schermo rilevatore che avete posto ad una distanza nota dai magneti, misurate la posizione degli atomi di argento, che sarà deviata, lungo l’asse \(z\), rispetto a quella da cui erano partiti (ovvero quella dove si trova il collimatore). Attraverso questa misura ricavate quindi la forza che ha agito su di essi, e attraverso quest’ultima ricavate il valore del momento angolare di spin lungo l’asse \(z\), \(S_z\).

In sintesi, avete costruito un sistema che prende in input un mix caotico di atomi di argento, e li “divide” in base al loro valore di \(S_z\).

Per semplicità, chiamate questo intero apparato \(SG_z\) (leggesi Stern-Gerlach lungo l’asse z). Ovviamente potete anche costruire sistemi che svolgono lo stesso compito di \(SG_z\), ma lungo gli assi \(x\) o \(y\); li chiamerete \(SG_x\) e \(SG_y\), rispettivamente.

Schema di \(SG_z\)

Cosa aspettarsi dopo uno \(SG_z\)?

Poiché gli atomi che inizialmente avete posto nel forno non sono stati scelti con nessun criterio che potesse creare dei bias, vi aspettereste di ottenere delle misure di \(S_z\) che sono distribuite tra un certo valore massimo ed un certo valore minimo (in particolare, vi aspettereste \(-|\vec{S}|<S_z<+|\vec{S}|\), dove \(|\vec{S}|\) è il modulo dello spin totale dell’atomo), e con una certa continuità.

Ecco, vi sbagliereste di grosso.

Quando andate al vostro schermo rilevatore per raccogliere i dati su dove sono finiti gli atomi dopo il loro viaggio nello \(SG_z\), vi accorgete che sono finiti tutti in solo due punti, simmetrici rispetto alla posizione del collimatore. Non solo, il 50% del totale sono finiti nel punto “in alto”, gli altri nel punto “in basso”.

Dopo aver controllato che non ci siano stati errori nel funzionamento dell’apparato (e, credetemi, siete stati bravissimi e non ce ne sono), vi rendete conto che se gli atomi si sono divisi in esattamente due punti, significa che hanno subito solo due diverse forze uguali in modulo ma diverse in segno: \(-F_z\) e \(+F_z\).

Deducete quindi che tutti gli innumerevoli atomi che avete analizzato hanno solo due possibili valori di \(S_z\), uguali in modulo ma opposti in segno: \(S_{z+}\) e \(S_{z-}\), con \(S_{z+}=-S_{z-}\).

Tale comportamento è un’altra manifestazione della quantizzazione di grandezze fische che avviene nel mondo del molto piccolo: quantità che in scala umana (macroscopica) siamo soliti pensare come continue (velocità, momento angolare, energia…), nel mondo microscopico possono solo assumere certi valori, sono discrete.

Il primo ragionamento che vi è venuto in mente si basa sulla vostra intuizione, che è costruita a partire dalle vostre esperienze dirette: sarebbe corretta se anzichè analizzare spin di atomi di argento steste analizzando momenti angolari classici di trottole.

E se ripeteste l’esperimento Stern-Gerlach cambiando asse?

Spinti dall’entusiasmo, decidete di non fermarvi qui e di fare qualcosa in più.

In particolare, decidete di fare uno \(SG_x\) a seguito di uno \(SG_z\) nel seguente modo, schematizzato in figura.

Dopo lo \(SG_z\), “sbarrate” la strada a tutti gli atomi con \(S_{z-}\), dimenticandovi d’ora in poi della loro esistenza. D’altra parte, usate gli atomi con \(S_{z+}\) come input per lo \(SG_x\). Quest’ultimo vi divide gli atomi che hanno \(S_{x+}\) da quelli che hanno \(S_{x-}\) (anche in questo caso la divisione risulta essere esattamente a metà).

Ora, come prima, sbarrate la strada agli \(S_{x-}\) e usate gli \(S_{x+}\) come input di un altro \(SG_z\).

A questo punto prendetevi un secondo per immagazzinare questo processo e per riflettere; dopodichè, senza leggere oltre, cercate di immaginare cosa la vostra intuzione vi dice sull’esito di questo ultimo \(SG_z\).

Vi aspettate di trovare tutti \(S_{z+}\), non è così? Del resto avevate già selezionato solo atomi che avevano quel valore di spin lungo l’asse \(z\), no?

Ecco, di nuovo, vi sbagliate di grosso.

Non avete fatto i conti con l’indeterminazione: come accennato in questo precedente articolo, ci sono quantità che nel mondo microscopico non si possono conoscere contemporaneamente.

Nel caso specifico, due di queste sono la componente del momento angolare di spin lungo l’asse \(z\) e quella lungo l’asse \(x\).

Di conseguenza, quello che vi è accaduto durante l’esperimento, è che l’atto di misurare \(S_x\) con lo \(SG_x\) ha completamente distrutto l’informazione che avevate raccolto con lo \(SG_z\), facendo sì che gli \(S_z\) si “resettassero” e che l’ultimo \(SG_z\) vi restituisse ancora una perfetta divisione a metà fra \(S_{z+}\) e \(S_{z-}\).

\(SG_x + SG_y + SG_z\)

Non potreste trovare alcun fenomeno simile nella scala macroscopica che siete abituati a esplorare con la vostra esperienza quotidiana… o forse sì?

Articolo a cura di Andrea Somazzi