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Può la fantascienza venire in “soccorso” della scienza?

La fantascienza prende piede come genere narrativo agli inizi del ‘900 ed il termine science fiction viene attribuito all’inventore e scrittore Hugo Gernsback nel 1926. Tuttavia sono numerosi gli esempi di storie e romanzi precedenti al suddetto periodo che presentano importanti elementi attribuibili a tale genere, questo perché la fantascienza è figlia del romanzo scientifico.

Abbiamo Frankenstein di Mary Shelley (1797-1851), del 1818, le opere di H. G. Wells (1866 – 1946). Persino lo scrittore Edgar Allan Poe (1809 – 1849), noto per i suoi racconti dell’orrore, ha scritto storie di fantascienza. Va citato ovviamente Jules Verne (1828 – 1905), uno degli esponenti di spicco del romanzo scientifico, che tra l’altro ha anche continuato alcune delle avventure e delle storie iniziate proprio da Poe.

Verne con i suoi romanzi: “Viaggio al centro della Terra, Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in ottanta giorni, Dalla Terra alla Luna e L’isola misteriosaha descritto ampiamente l’uso di tecnologie capaci di intraprendere viaggi e avventure altrimenti impossibili ispirando le generazioni che lo hanno seguito a creare proprio quei mezzi e quegli strumenti.

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Cosa viene in mente quando si parla di fantascienza?

Probabilmente storie di alieni, robot o mostri ambientate in un futuro più o meno prossimo, magari nello spazio ed in un contesto di plausibilità scientifica. Queste tipiche scelte narrative sono quasi obbligate poiché per spingere agli estremi le conoscenze e le tecnologie dei nostri giorni dobbiamo proiettarle in un contesto diverso da quello quotidiano. Anche se le sfumature all’interno di questo genere sono innumerevoli.

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Sono molti i cliché presenti nelle storie di fantascienza che servono a dare una base familiare alla trama. Credits: Ivan Diaz on Unsplash.

In che modo la fantascienza aiuterebbe la scienza e quindi il suo progresso?

La prima cosa che verrebbe da pensare potrebbe essere l’esatto opposto, ovvero che sia la scienza ad ispirare il genere sci-fi. Ed in una prima fase è sicuramente così.

Prendiamo Mary Shelley ed il suo Frankenstein. Gli esperimenti della seconda metà del ‘700 riguardanti l’interazione tra la neo scoperta energia elettrica e i corpi animali (e non solo) hanno ispirato la scrittrice nella stesura del suo romanzo che vede questo dottore ossessionato dalla possibilità di riportare in vita un corpo umano mediante potenti scariche elettriche. La versione cinematografica di quest’opera (1931) ha portato un giovane Earl Bakken ad appassionarsi alla medicina ed all’elettricità. I suoi studi porteranno in seguito alla nascita del primo prototipo di pacemaker.

Questo è un esempio di come, in determinate circostanze, la fantascienza possa attingere al mondo scientifico, rielaborarlo in chiave romanzata e certamente libera dalle strette esigenze di verificabilità imposte dal mondo scientifico e fornire un nuovo prodotto, sicuramente fantasioso, ma che possa fungere da scintilla per ispirare un futuro processo di validazione accettato dal mondo scientifico.

Le conseguenze del genere sci-fi

Vi sono innumerevoli altri esempi. Nel film sci-fi/drammatico “The Truman show”, Truman Burbank interpretato da Jim Carrey vive a sua insaputa in un gigantesco set televisivo in cui lui è il protagonista. Con gli anni comincia ad insospettirsi e ad avere dubbi sul fatto di essere spiato ed inizia a diventare paranoico.

La potenza di questa storia sta nel fatto che una particolare patologia è stata definita proprio a seguito del concetto presente nel film. Definita “Sindrome di Truman” questa condizione consiste in un disturbo delirante di tipo persecutorio. Sebbene non presente ufficialmente nel DSM, la comunità scientifica sta vagliando la possibilità di inserirla.

La fantascienza come monito

In Matrix, film del 1999, viene descritto un mondo virtuale nel quale gli uomini credono di muoversi liberamente, ignorando di essere in realtà prigionieri di un’intelligenza artificiale. Viene descritta in maniera spaventosa ed inquietante una realtà plausibile ma non ancora completamente credibile ai tempi dell’uscita del film.

Sono innumerevoli i concetti scientifici e le teorie alla base della percezione di ciò che è definibile come realtà. Matrix potrebbe avere preso spunto dalle teorie di David Bohm, il quale a seguito dei suoi studi sull’entanglement quantistico, ipotizzò che l’universo è un ologramma in cui ogni particella è collegata alle altre poiché parte di uno stesso “organismo”. Nel caso di Matrix più che di ispirazione fornita al mondo scientifico si è trattato di una sorta di predizione di uno stile di vita verso il quale siamo forse inevitabilmente diretti, ovvero quello di essere dipendenti da un mondo virtuale.

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Ormai trascorriamo gran parte della nostra vita in un mondo virtuale come predetto in Matrix. Credits: Joshua Coleman on Unsplash.

Binomio scienziato-artista

Certo trattare parimenti le scienze esatte e le scienze definite “molli” non è facile, proprio per via della natura speculativa intrinseca di questo genere letterario. Da un lato abbiamo gli scienziati che dovrebbero chiudere un occhio davanti alle inevitabili inesattezze che un’opera di fantascienza può mettere in campo e dall’altro abbiamo l’artista, una persona incuriosita dal mondo rigoroso della scienza ma che non sempre vi è addentro pienamente, che svolge l’importante compito di rendere digeribile il prodotto per un’audience estesa e che per esigenze di trama e di intrattenimento è costretto ad avvalersi di compromessi.

La fantascienza per comprendere meglio i fenomeni reali

È però vero che sono proprio le persone appartenenti al mondo scientifico quelle che in genere costituiscono la fetta più larga di pubblico delle opere di fantascienza e che, al di là del discutere animatamente davanti alle inesattezze fisiche riscontrate nell’ultimo film di Star Wars o Star Trek, creano un dibattito ispirato e costruttivo che giova senz’altro a questi due ambiti così interrelati.

Come sostiene Craig C. Freudenrich, mantenere alta l’attenzione dei propri studenti è uno dei compiti più ardui per un professore. Le lezioni possono essere rese più interessanti ed accattivanti avvalendosi di opere di fantascienza. Un film, o un romanzo, possono essere usati per stabilire un contesto ed un punto di partenza per poi analizzare un fenomeno fisico, chimico, biologico o di altro tipo durante una normale lezione a scuola. Poi si può discutere l’esattezza della rappresentazione di tale fenomeno e capire in cosa differisce dalla realtà.

Una lezione può diventare più coinvolgente citando elementi appartenenti al mondo della fantascienza. Credits: Tra Nguyen on Unsplash.

L’ispirazione è la scintilla del progresso

La fantascienza può quindi senz’altro aiutare lo sviluppo scientifico mediante spunti e riflessioni che possono ispirare futuri scienziati. Non solo, può fungere da interruttore capace di accendere un dispositivo già consolidato, quale la macchina scientifica, sempre alla ricerca di conferme e, ancor di più, di nuove teorie per poter progredire.

Articolo a cura di Francesco Di Giuseppe