Kip Thorne al GSSI: un incontro tra buchi neri ed onde gravitazionali
Incontrare un vincitore del Premio Nobel non è cosa da tutti i giorni. Al Gran Sasso Science Institute di L’Aquila tuttavia, ieri 15 Ottobre 2019, Kip Thorne, vincitore dell’ambito premio per la Fisica nel 2017, è stato protagonista di una conferenza aperta ai non addetti ai lavori.
Di fronte ad una platea costituita da scienziati e curiosi, molti dei quali molto giovani, il prof. Thorne ha avuto modo di toccare molti dei temi a lui più cari: buchi neri, warmhole, onde gravitazionali e big bang.
Chi è Kip Thorne?
Nato a Logan, Utah (USA), nel 1940 Kip Thorne sin da studente ha mostrato qualità fuori dal comune. Laureatosi al California Institute of Technology (CalTech), ottenne poi il suo dottorato di ricerca presso la Princeton University nel 1965. Nel 1970, all’età di appena trent’anni, divenne il professore più giovane della storia del CalTech. Conosciuto dagli appassionati di Astrofisica per i suoi studi sulle onde gravitazionali che gli sono valsi il premio Nobel nel 2017, anche molti appassionati di cinema avranno sentito il suo nome.
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Il prof. Thorne, infatti, negli ultimi anni, pur continuando il suo lavoro di ricerca nel campo delle onde gravitazionali, ha dedicato una parte della sua vita alla scrittura della parte scientifica di un noto film del 2014: Interstellar, diretto da Christopher Nolan.
Non a caso il film, seppur con qualche licenza d’autore, rispecchia fedelmente ciò che la scienza ritiene circa i buchi neri e le deformazioni spazio temporali che avvengono nelle loro vicinanze.
I buchi neri: ricostruzioni e realtà
Gli studenti del GSSI e tutti i curiosi accorsi per l’incontro con una personalità così importante nel mondo scientifico, hanno avuto il piacere di ascoltare un brillante discorso del prof. Thorne sullo stato dell’arte delle conoscenze in campo astrofisico.
Dopo una breve introduzione su cosa sia un buco nero e quanto questi possano essere grandi il professor Thorne si è soffermato nella descrizione di cosa avverrebbe se un corpo si avvicinasse ad un tale corpo celeste. Nel descrivere le deformazioni dello spazio tempo che questi creano e come questi elementi appaiono ai nostri sistemi di rilevazione non sono mancati i paragoni con il film Interstellar.
Impressionante come la ricostruzione al computer di Gargantua (il buco nero del film) sia incredibilmente simile alla foto prodotta pochi mesi fa.
Sebbene le due immagini possano sembrare molto diverse, in realtà si tratta di semplice prospettiva. Quello che otterremmo grazie alla modifica della prospettiva sarebbe esattamente la foto reale. A sostegno di ciò, durante la conferenza un filmato ha mostrato come tale conversione può avvenire.
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L’unica differenza, ha spiegato il prof. Thorne sta nella luminosità del contorno. Infatti nella realtà la luminosità è concentrata su un lato, cosa che gli astrofisici sapevano già al momento della realizzazione del film. Il regista, tuttavia ha voluto rendere omogeneo il suo buco nero per motivi cinematografici.
Dalle onde gravitazionali ai warmhole
Non solo i buchi neri, ma anche le onde gravitazionali ed i warmhole sono stati punti centrali della discussione del prof. Thorne. Sulle prime il professore ha dedicato la maggior parte dei suoi sforzi in ambito di ricerca.
Nel 2015 i suoi sforzi e di moltissimi altri ricercatori sparsi per il mondo hanno dato i loro frutti, conducendo alla prima rivelazione di queste onde prodotte dall’interazione di corpi celesti molto densi come buchi neri e stelle di neutroni. Dopo oltre 100 anni dalla descrizione teorica di Einstein si è stati in grado, grazie ai rilevatori VIRGO e LIGO di percepire queste onde che portano con sé informazioni utilissime per lo studio dell’universo.
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I warmhole, al contrario delle onde gravitazionali, sembrano invece essere elementi fantascientifici. Argomento senz’altro interesante, ma ai limiti dell’immaginazione di una persona non addetta ai lavori. Si tratterebbe infatti di una sorta di tunnel in grado di connettere due parti di universo in realtà molto distanti tra loro.
Allora utilizzando questi canali si potrebbe pensare ad una forma di teletrasporto o di macchina del tempo? No, probabilmente ciò non avverrà mai. Un tunnel di questo genere, qualora esistesse (non è mai stato osservato) sarebbe una struttura così instabile che collasserebbe in pochi istanti. Sarebbe quindi necessaria una tecnologia in grado di tappezzare le pareti del warmhole per permettere a quest’ultimo di rimanere aperto per un tempo indefinito.
La cultura scientifica come aggregazione
Gli sforzi del Gran Sasso Science Institute per realizzare incontri di questo livello sono degni di lode. L’aula del rettorato piena di persone appassionate di temi di questo genere lo dimostra.
Avere occasione come questa è sicuramente un vanto per una città che da ha sempre visto nell’Università, negli studenti e nel progresso scientifico un elemento essenziale.
Dopo l’incontro con Piero Angela, un altro grande regalo del GSSI alla città di L’Aquila.