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Il vaccino sperimentale (made in Italy) contro l’Aids

No, non è la soluzione all’Aids. Il vaccino terapeutico non previene l’infezione ma è in grado di stimolare il sistema immunitario della persona infetta. I promettenti risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Frontiers in Immunology”

Aids

Aids, crediti: media.wired.com

I farmaci antiretrovirali, per i malati di Aids, potrebbero – in futuro – non essere più necessari. E’ in fase sperimentale infatti, un vaccino terapeutico tutto italiano che agisce sulla proteina Tat, quella che permette la replicazione e la diffusione del virus. Un valido modo per consentire il controllo dell’infezione senza ricorrere, almeno per un periodo, alla terapia farmacologica, che al momento consente la sopravvivenza di milioni di malati.

La svolta è emersa dal follow-up, durato ben otto anni, e pubblicato sulla rivista “Frontiers in Immunology”: si tratta dei primi pazienti immunizzati con il vaccino Tat messo a punto dall’equipe guidata da Barbara Ensoli, Direttrice del Centro Nazionale per la Ricerca su HIV/AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità; la scienziata lavora al progetto dal 1998. No, lo diciamo subito per evitare equivoci: non è la soluzione all’Aids. Il vaccino terapeutico non previene l’infezione ma è in grado di stimolare il sistema immunitario della persona infetta. Oggi, l’unico modo per evitare il contagio resta l’uso del condom.

Aids: opportunità per la gestione clinica degli affetti da Hiv

La somministrazione di questo vaccino (Tat) nei pazienti in terapia antiretrovirale (cART) si è rivelata capace di ridurre il “serbatoio” di virus latente, inattaccabile dalla sola cART.

Si tratta di risultati che aprono nuove prospettive per una cura ‘funzionale’ dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con Hiv, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l’aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti, con l’obiettivo, in prospettiva, di giungere all’eradicazione del virus

– spiega Barbara Ensoli. Lo studio rappresenta il follow-up della fase 2, fondamentale per comprendere se proseguire la sperimentazione nell’ultima fase di valutazione clinica.

I risultati

Il vaccino italiano è in grado di ridurre il serbatoio del virus ma i test sono stati condotti solo su soggetti sottoposti a terapia farmacologica. Nei pazienti a cui è stato somministrato, la vaccinazione ha mantenuto molto alti gli anticorpi anti-Tat per tutti gli otto anni di sperimentazione con un aumento significativo di cellule immunitarie T CD4 (la loro distruzione causa l’Aids) e una riduzione del virus latente, il virus che rimane “nascosto” in modo permanente nelle cellule malate per tutta la vita, neanche la terapia antiretrovirale riesce a eliminare.

Ora lo scopo dei ricercatori è permettere ai pazienti vaccinati di controllare l’infezione senza bisogno di farmaci, per questo il prossimo passo sarà quello di verificare se la sola vaccinazione è in grado di bloccare la replicazione del virus una volta che la terapia farmacologica viene interrotta. Step affatto banale se si pensa che già nel 2012, un vaccino americano basato sempre su Tat non era stato in grado di controllare l’infezione dopo l’interruzione della terapia: pertanto la sperimentazione dovrà continuare su un numero più ampio di pazienti, con relativi gruppi di controllo.

Lo studio è stato condotto in otto centri clinici in Italia: Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale L. Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano – Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, Policlinico Universitario di Bari, e presenta i dati del monitoraggio clinico a lungo termine di 92 volontari vaccinati del precedente studio clinico.