Home » I viaggi nel tempo senza paradossi sono possibili?

I viaggi nel tempo senza paradossi sono possibili?

Young girl gets into another world through the portal

I viaggi nel tempo senza paradossi sono possibili? Tanto per cominciare partiamo da un suicida. Bhe! Non proprio un suicida, piuttosto un aspirante suicida. Questo tizio, di nome Clemenzio, era un depresso cronico, forse anche per il nome, tanto che, agli amici aveva più volte dichiarato che intendeva farla finita.

Viaggi nel tempo: andiamo verso il Pleistocene

Hugh era, di fatto, il solo amico che aveva e quando questo gli propose di fare un viaggetto, accettò immediatamente, senza neppure chiedergli dove sarebbero andati. Per la verità, Hugh era solo preoccupato che il suo amico avesse intenzioni piuttosto insane e non si era certo preoccupato di sentire prima una agenzia di viaggi, per cui gli disse che sarebbero andati nel Pleistocene.

Non che Clemenzio sapesse cosa o dove fosse il Pleistocene, ma, per la verità, manco gliene fregava qualcosa, tanto che la cosa finì lì. Le macchine del tempo allora non erano ancora state inventate, quindi, ad Hugh non rimaneva che iniziare il viaggio attraversando un Ponte di Einstein Rosen; non si sa mai che al di la del Ponte non ci si trovasse nel Pleistocene.

Il Ponte di Einstein-Rosen

viaggi nel tempo

Un wormhole o ponte di Einstein-Rosen rappresenta un’ipotetica piega nello spazio, potenzialmente aprendo scorciatoie inedite verso remote regioni dell’universo e permettendo i viaggi nel tempo. Questa configurazione spaziale è un concetto articolato, sottolineato tanto dalla teoria fisica quanto dalla matematica avanzata, tuttavia, finora non ha mai rivelato la sua presenza attraverso l’osservazione cosmica. Nonostante ciò, gli studiosi hanno delineato scrupolosamente le circostanze che potrebbero agevolare la comparsa di wormhole. In questa panoramica, emerge la prossimità ai singolarità gravitazionali, come i buchi neri, i quali con il loro intenso campo di forza potrebbero fornire l’ambiente favorevole per la formazione di tali passaggi intriganti. Potresti immaginarlo come un foglio abilmente piegato su sé stesso: punti distanti verrebbero connessi in modo molto più celere rispetto all’attraversamento su un foglio che giace completamente piatto (Nota di Redazione).

A noi non interessa (almeno per ora) sapere cosa sia un ponte di Einstein-Rosen o discutere di ipotetiche Macchine del Tempo; non interessa per niente capire qualcosa delle elucubrazioni di Paul Davies, Kurt Gödel, Frank Tipler o John Richard Gott III, interessa solo capire cosa può accadere se un generico Clemenzio finisce nel Pleistocene.

Diamo allora per scontato che Hugh e Clemenzio siano finiti insieme ai dinosauri e che Clemenzio, colto da un attacco di depressione con l’aggiunta di una buona dose di terrore per la vista dei dinosauri, tiri fuori di tasca una fialetta di veleno, la rompa e ne inghiotta il contenuto.

Schrödinger, il suo gatto e i viaggi nel tempo

Dovete sapere che la fialetta conteneva un elemento radioattivo che, all’atto del decadimento, rendeva immediatamente attivo il veleno (il caso Aleksandr Litvineneko docet). Ora si viene a creare un immane Paradosso: se Clemenzio muore nel passato, è chiaro che non può attraversare il Ponte Einstein Rosen nel presente e, quindi, non può andare nel passato per inghiottire il veleno e suicidarsi.

Come la mettiamo? Di spiegazioni sembrerebbe essercene una sola: i viaggi nel tempo, più specificamente nel passato, non sono possibili! Verrebbero a rendere incoerente qualsiasi teoria che li ammettesse. E c’è di più: noi la freccia del tempo la individuiamo tramite il rapporto causa-effetto (ci sono anche altri metodi che vedremo in seguito) dove la causa deve per forza precedere l’effetto. Qui le cose sembrano andare a rovescio: l’effetto dell’attraversamento del ponte, cioè il viaggio nel Pleistocene, sembra avvenire prima dell’attraversamento stesso. Ecco quindi nascere un gran casino logico!

viaggi nel tempo

Ma è proprio tutto vero? Ed è qui che entra in gioco un gatto. Non un gatto qualsiasi, non il gatto con gli stivali di Francesco Straparola o dei Fratelli Grimm, bensì il famoso gatto di Schrödinger. Non sono sicuro che Schrödinger possedesse un gatto né tantomeno che lo tenesse in una scatola con una fialetta di veleno.

All’esterno della scatola, in un contenitore di piombo, vi è una piccola quantità di un elemento radioattivo; un contatore Geiger ne rileva l’eventuale decadimento. La fialetta, attraverso un complicato meccanismo fatto di cavi e di leve, finisce per rompersi al decadimento radioattivo.

Statisticamente dopo un periodo pari al tempo di dimezzamento, l’atomo può essere sia decaduto o meno, con la medesima probabilità e, conseguentemente, la fiala con veleno può essere rotta al 50% od integra la 50%. Ed il gatto? Anche lui è vivo oppure morto con uguale probabilità? Bhe! Le cose non stanno esattamente così, almeno in Meccanica Quantistica.

Già! Perché la Meccanica Quantistica è una Teoria assolutamente strana, che stabilisce le cose più assurde che si dimostrano magari essere vere se riferite a particelle super elementari, tipo fotoni, elettroni, mesoni, positroni, ma che, se riferite alle nostre cose di tutti i giorni, ti mandano fuori di testa.

Comunque sia, uno dei suoi Postulati (derivante dalla integrazione della Equazione differenziale lineare di Schrödinger) dice che, in condizioni particolari, la stato di un sistema fisico non può essere descritto singolarmente, ma solo come sovrapposizione di più stati. Detta in modo più comprensibile: non è possibile che il gatto di Schrödinger sia o vivo o morto; esso è contemporaneamente vivo e morto (almeno sino a che non si apre la scatola e vi si guarda dentro).

Vi pare una fesseria? Anche ad Einstein! Tanto che inventò un famosissimo esperimento mentale, noto come Paradosso EPR per dimostrare che alla Meccanica Quantistica mancava qualcosa (variabili nascoste) oltre che cervello e buon senso.

Nota di Redazione: il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, noto come il paradosso EPR, costituisce un esperimento concettuale tramite il quale Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen illuminarono la trama sottostante all’entanglement, un fenomeno intrinseco alla meccanica quantistica. Tale fenomeno è avvolto in un’aura di enigmaticità, poiché sembra incoerente con la teoria della relatività ristretta, la quale stabilisce che la velocità della luce costituisce il limite massimo per la propagazione di informazioni, oltre a scontrarsi con il principio di località. Da questo intricato intreccio nacque la loro ferma convinzione che la teoria quantistica fosse incompleta e celasse variabili sconosciute nel suo nucleo.

Un dottorato dell’Università di Princeton

viaggi nel tempo
Hugu Everett

A questo punto credo proprio sia il momento di far entrare nel gioco il Sig. Hugh Everett (ed ecco anche spiegato perché l’amico di Clemenzio si chiamava Hugh). Hugu Everett, negli anni 50, era uno studente della Università di Princeton che stava per presentare una tesi di dottorato sulla Meccanica Quantistica; questa riguardava il collasso della funzione d’onda al rilevamento di una osservabile fisica.

E che vuole dire questa frase criptica? Vuole dire che se il gatto di Schrödinger, mentre era nella scatola, era contemporaneamente vivo e morto, quando lo si osservava, avendo aperto la scatola, una sola delle due possibilità diveniva reale. Già, ma chi o cosa faceva sì che solo osservando una delle due soluzioni venisse annullata mentre l’altra diveniva reale? Come poteva, la sola osservazione, generare il collasso delle due soluzioni verso una sola di esse? Ed è qui che nasce l’idea di Everett: tutte le soluzioni (gatto vivo e gatto morto) sono reali, ognuna in un universo diverso.

A proposito, il relatore della tesi di dottorato, organizzata secondo tale nuova idea, era niente di meno che John Weeler, il famoso studioso dei Buchi Neri. Veniamo infine a Clemenzio che, al momento di prendere il veleno, si trovava in due stati entangled: prendo il veleno e muoio, non prendo il veleno e vivo.

Entrambi gli stati sono veri e reali: in un universo, Clemenzio muore e la storia finisce lì, mentre nell’altro, cioè nel nostro universo, Clemenzio si ritrova ben vivo nel 2021 e, con l’amico Hugh, può attraversare il Ponte di Einstein-Rosen ed andare nel Pleistocene. Bella teoria che, oltre tutto, salva i viaggi nel tempo, e più specificamente, nel passato, da un fastidioso paradosso, ma, come diceva proprio Weeler: “Never run after a bus, a woman, or a cosmological theory. There will always be another one in a few minutes.”

Una Teoria alternativa dei viaggi nel tempo

viaggi nel tempo
Immagine dell’universo osservabile. Credits: NASA

Bene: ma se fossero già passati i pochi minuti previsti da Weeler quale sarebbe la nuova teoria? Iniziamo con un Teorema che, apparentemente, c’entra pochino con la Cosmologia: il Teorema dei Ricorrenza di Henri Poincaré che recita: “Sia dato un sistema dinamico con spazio delle fasi limitato, ovvero con volume finito, e sia P un punto di tale spazio. Allora per ogni intorno Σ di P esiste un punto Q che ritornerà in Σ in un tempo finito.”

Il nostro amico Clemenzio credo pretenda una spiegazione in termini meno criptici: l’Universo è senza dubbio (ma sarà proprio vero?) un sistema retto dalle Leggi della Dinamica (sistema dinamico) e le variabili che lo governano sono sicuramente in numero finito (spazio delle fasi limitato). Scegliamo un punto P di tale spazio di cui siano note sia le coordinate spaziali (x, y, z) che temporali (t) ma anche le variabili che lo caratterizzano (colore, temperatura, campo gravitazionale, campo EM, densità popolazione, caratteristiche botaniche e zoologiche, ecc.) .

Le caratteristiche che individuano un punto P dello spazio delle fasi me le sono inventate io, ma non mi paiono in netto contrasto con una interpretazione un pochino eterodossa della Logica Matematica e sono certamente in numero finito. Comunque sia, un punto Q potrebbe anche essere lo stato di Clemenzio nel 2023 in Piazza Leonardo da Vinci a Milano, mentre un intorno Σ di un punto P potrebbe anche essere una zona del Pleistocene durante un periodo di poche attimi.

Bene! Il povero Clemenzio potrebbe allora essere catapultato da Q a P in un tempo finito (che poi qualcuno possa obiettare che tale tempo possa anche essere superiore alla età dell’Universo non posso contestarlo, ma trattandosi di una supposizione statistica potrebbe anche essere che tale tempo finito sia 10′, 4s, 7ms). Clemenzio può ritornare in P. Leonardo da Vinci nel 2023, ora da stabilire? Certamente! Basta invertite il punto Q con P e ripetere il passaggio. Tutto pulito e senza paradossi (almeno credo).