La matematica e la logica sono colme di paradossi interessanti, più o meno complicati da decifrare. Uno fra i più curiosi è quello dell’esame a sorpresa, altrimenti noto come paradosso dell’impiccagione imprevedibile.
Un paradosso è un’affermazione che appare logicamente corretta, ma che contraddice l’esperienza. In genere si parte da una serie di asserzioni che sembrano logicamente ineccepibili, per poi sperimentare qualcosa di completamente diverso da quanto atteso.
Fin dall’antichità i paradossi hanno contribuito a far sviluppare innumerevoli discipline quali la filosofia, la matematica, l’epistemologia e l’economia. Spesso molti paradossi vengono spiegati trovando degli errori nel ragionamento logico, altri invece non riescono ad essere decifrati in maniera univoca e globalmente accettata. Uno fra questi è il paradosso dell’esame a sopresa.
Immaginate per un attimo di far parte di una classe liceale. Un bel sabato mattina, ultimo giorno di scuola della settimana, il professore di matematica vi comunica che la settimana successiva ci sarà un esame a sorpresa. A questo punto Claudia, una studentessa molto intelligente, solleva un’obiezione. Sostiene che, se è vero che l’esame dovrà essere a sorpresa, allora non può essere svolto sabato, in quanto venerdì sera tutti saprebbero che verrà svolto il giorno dopo, non essendo stato svolto nei cinque giorni precedenti. Proseguendo il ragionamento a ritroso, non può essere svolto né venerdì, né giovedì e così via.
Claudia quindi afferma che l’esame a sorpresa non potrà mai avere luogo, poiché non sarebbe più qualcosa di inaspettato. Tutti i compagni si convincono degli argomenti di Claudia e tornano a casa tranquilli, sicuri che non ci sarà alcun esame a sorpresa.
Tuttavia, mercoledì mattina il professore si presenta in aula con una risma di fogli protocollo e annuncia l’inizio del test a sorpresa. Come è possibile?
Il professore fa notare agli studenti che la sua affermazione iniziale è stata rispettata: egli ha organizzato l’esame mercoledì senza che nessuno, all’infuori di lui, sapesse che sarebbe stato volto quel giorno. Ergo, il principio cardine di “sorpresa” è stato rispettato. D’altro canto, anche la logica di Claudia non sembra errata.
Se per cinque giorni non si fa il test, allora se il docente lo facesse sabato, non sarebbe più una sorpresa. Se escludiamo il sabato, allora non lo potrebbe fare nemmeno venerdì, per lo stesso discorso fatto in precedenza. Venerdì diverrebbe l’ultimo giorno disponibile e giovedì sera gli studenti saprebbero di dover affrontare l’esame il giorno dopo. In base a questo principio, il fatto di aver sostenuto un esame mercoledì è in contraddizione con l’affermazione del professore. Eppure, nessuno dei ragazzi martedì sera poteva prevedere con certezza che non ci sarebbe stato un esame il giorno dopo.
Sull’argomento sono stati scritti centinaia di articoli scientifici, ma fino ad ora i matematici e i logici non hanno riconosciuto una soluzione definitiva. La questione è: è errata l’affermazione iniziale del docente oppure c’è una falla nel ragionamento di Claudia? Tale ragionamento si basa esclusivamente sul significato assegnato al termine “sorpresa”. Claudia, infatti, intende il termine come impossibilità di sapere che il giorno dopo ci sarà un esame. Il professore, invece, probabilmente, assegna al termine sorpresa un significato leggermente diverso, o quantomeno molto più generale. Ovvero, per lui “sorpresa” significa: organizzo l’esame in un giorno a caso fra lunedì e sabato senza preventivamente comunicarlo agli studenti.
Seguendo questo ragionamento, si potrebbe senza dubbio considerare la frase iniziale del professore leggermente contraddittoria, poiché affinché l’esame sia del tutto inaspettato, non avrebbe dovuto comunicare agli studenti le sue intenzioni. Una volta che il docente informa gli studenti dell’esistenza di un esame a sorpresa, ogni studente potrebbe, ogni mattina, supporre che il giorno stesso ci sia l’esame. Prima o poi tale previsione si rivelerà esatta e quindi l’esame non può definirsi a “sorpresa”. Appare evidente, però, che si tratta di un trucchetto furbo basato sul significato vago dell’affermazione iniziale del professore.
Un’interessante lettura del paradosso viene data dal matematico britannico Ian Stewart. Egli afferma che il paradosso dell’esame a sorpresa non è in realtà un vero paradosso. Infatti, dando una lettura in termini di previsioni, come fatto precedentemente, la struttura del paradosso cade poiché i due ragionamenti, quello del docente e quello degli studenti, non sono in aperta contraddizione.
L’approccio attivo, secondo Stewart, è logicamente equivalente alla formulazione classica del problema, quella cioè descritta dalla nostra alunna Claudia. La conclusione è che nessuno degli studenti può effettivamente sapere a priori quando verrà fatto l’esame, e questo rispetta il principio di sorpresa voluto dal professore, ma può usare dei trucchetti logici per asserire che in realtà l’esame che viene svolto non è realmente inaspettato.